Elezioni nuovo Direttivo Acat Villafranca “Castel Scaligero” 11 marzo 2016
Presenti 45 soci con diritto di voto, ed ha espresso tre preferenze.
Allo spoglio vengono assegnati per ciascun candidato qui riportati in ordine decrescente:
Presenti 45 soci con diritto di voto, ed ha espresso tre preferenze.
Allo spoglio vengono assegnati per ciascun candidato qui riportati in ordine decrescente:
(Articolo tratto dal sito http://www.larena.it/territori/grande-verona/s-giovanni-l/alcol-fumoe-alimenti-al-via-il-corso-1.4700451 del 08 marzo 2016)
L’Acat (associazione club alcologici territoriali), organizza con inizio il 15 marzo alle 20 negli spazi della parrocchia di Pozzo un ciclo gratuito di otto serate sull’alcolismo e su come uscirne. L’iniziativa è finalizzata a illustrare le modalità di prevenzione e promozione alla salute e le metodologie per vincere il problema soprattutto grazie all’attività dei club Acat. L’ Acat è articolata in 13 club, attivi a Borgo Roma, Santa Lucia, Castel d’Azzano, Ca’ di David, e San Giovanni Lupatoto. I club sono formati da un insieme di persone e famiglie che si incontrano tutte le settimane per stare insieme scegliendo liberamente un nuovo stile di vita. Vi partecipano soprattutto famiglie con problemi di dipendenza da alcol e con problemi alcolcorrelati, ma anche con altri tipi di sofferenza-dipendenza: fumo, gioco, droga, solitudine e disordini alimentari. Gli incontri sono settimanali e durano un’ora e mezza. (…)
(Articolo tratto dal sito http://medicalive.it/droga-e-alcol-sono-al-primo-posto-per-sballo-giovani/ del 08 marzo 2016)
Almeno una volta negli ultimi trenta giorni, l’1% studenti ha fatto uso di alcol e pasticche.
L’uso combinato di sostanze stupefacenti illegali (dalla cannabis fino alle smart drugs) insieme all’abuso alcol, guadagna il primo posto nella classifica dello “sballo del sabato sera” tra i giovani di eta’ compresa tra i 15 e i 19 anni. Lo spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, che ha condotto una ricerca proprio per analizzare il consumo di sostanze e comportamenti a rischio tra gli adolescenti italiani. Ed e’ stato il poliabuso, un mix di alcol e barbiturici, forse una delle cause che ha portato all’uccisione del ragazzo di 23 anni alla periferia di Roma da parte di due giovani che durante un festino avevano appunto abusato di alcol e cocaina. Dalla ricerca del Cnr, si evince che almeno una volta negli ultimi trenta giorni, l’1% degli studenti intervistati ha fatto uso di alcol e pasticche: “In particolare, – spiega la ricercatrice – ad aver consumato cocaina recentemente (negli ultimi 12 mesi) è circa il 2,6% degli studenti, mentre a consumarla correntemente (negli ultimi 30 giorni) è l’1,5% (2,2% maschi e 0,8% femmine), ovvero 40,000 studenti”. Tra i consumatori correnti di cocaina, circa un terzo ha fatto anche uso di alcol e pasticche negli ultimi trenta giorni: “Addirittura sei su dieci tra coloro che hanno consumato cocaina almeno una volta negli ultimi trenta giorni ha avuto anche un episodio di intossicazione alcolica nello stesso periodo (61% dei maschi e 56% delle femmine), ovvero 25,000 studenti, e l’86%, – prosegue la Molinaro – corrispondente a circa 34,000 studenti, ha avuto almeno un episodio di binge drinking, cioè 5 o più bevute di fila (85% dei maschi e 87% delle femmine)”.
Dall’analisi dello studio del Cnr c’e’ un altro dato allarmante: crescono gli utilizzatori di sostanze psicoattive “sconosciute”. Secondo la stima della Molinaro, “circa il 2,5% di studenti di eta’ compresa tra i 15 e i 19 anni ha assunto almeno una volta nella vita sostanze psicoattive sconosciute senza sapere di cosa si trattasse. Il 56% circa di questi studenti le ha assunte per non piu’ di 2 volte, ma per il 23% si e’ trattato di ripetere l’esperienza oltre 10 volte.
(Articolo di Beatrice Credi tratto dal sito http://www.west-info.eu/it/quando-i-film-curano-lalcolismo-anziche-incentivarlo/?utm_source=La+Newsletter+di+West&utm_campaign=e62c9b50fa-Newsletter_West_ITA&utm_medium=email&utm_term=0_862d4a4c9f-e62c9b50fa-284329457 del 01.03.2016)
In assoluta controtendenza rispetto ai suoi colleghi, uno psichiatra francese utilizza film nella cura dei pazienti dipendenti da alcol. Il dottor Henry Gomez, infatti, non considera, al contrario della maggioranza degli specialisti, che le scene presenti nelle pellicole abbiano un impatto negativo sul consumo di bevande alcoliche. Al contrario, come spiega nel libro appena pubblicato “Le Cinéma comme langage de soin”, l’abitudine ad alzare il gomito spesso mostrata nei film aiuta i pazienti a riflettere sulla loro situazione. “Invece di demonizzare il prodotto, si deve mettere in discussione le ragioni per le quali le persone bevono”, dice Gomez. Il quale aggiunge che la visione di immagini in cui sono protagoniste persone con problemi di alcolismo possono, inoltre, aiutare chi si sta curando ad avere una rappresentazione positiva di se stessi e convincerli della loro capacità di uscire dalla dipendenza.
(Articolo tratto dal sito http://it.aleteia.org/2016/02/29/una-bambina-di-8-anni-scrive-a-una-marca-di-whisky-prima-di-morire/ del 29 febbraio 2016)
“Per favore, allontanati da papà e lasciaci essere di nuovo felici”
Laura aveva appena 8 anni quando è morta dopo essere stata aggredita dal padre alcolizzato.
Poco prima di morire, ha scritto una lettera a una famosa marca di whisky. In quello che è purtroppo diventato una sorta di testamento spirituale, chiedeva che “Jack” – e si capisce subito perché lo chiamasse così – uscisse dalla sua casa e dalla sua vita, restituendole il papà che aveva una volta.
Stanca dell’alcolismo, raccontava il punto di vista di una bambina che assiste quotidianamente alla violenza domestica, l’assenza paterna e tanti altri effetti collaterali provocati dall’alcolismo.
“Caro Jack, non dire a papà che ti ho mandato questa lettera, potrebbe arrabbiarsi con me”, inizia il testo.
“Mamma ha detto che non dobbiamo odiare nessuno. Nonostante tutto, non riesco a odiarti. Volevo solo chiederti un favore: esci dalla nostra vita”.
Papà ha perso il lavoro per causa tua. Abbiamo dovuto vendere la casa per pagare i conti. Senza lavoro, c’era poco denaro in casa per comprare del cibo. Molte volte mia madre ha passato la fame perché io e mia sorella potessimo mangiare”.
“Quando sono caduta dalla bicicletta, volevo che papà mi prendesse in braccio, ma lui stava con te. Non lo hai fatto venire al mio esame, né al mio saggio di danza, e questo mi ha reso molto triste”.
“Da quando papà ti ha conosciuto, non torna a casa prima di mezzanotte. Che diavolo fate fino a quell’ora?”, chiedeva Laura.
E poi la violenza: “Ha iniziato a far male alla mamma, prima a parole, poi con la cinta. Quando succedeva dovevamo nasconderci dalla vicina, se non ce n’era anche per noi. Man mano che crescevo mi hai presa come un punching ball. Non c’erano più giocattoli che potesse ancora rompere. Non so cosa gli hai detto per farlo cambiare tanto. So solo che mamma rivuole il papà che ha sposato”.
“Per favore, allontanati da lui e lasciaci essere di nuovo felici”, concludeva la bambina. “Spero che capirai. Laura”.
Quella di Laura è una storia abbastanza forte da poter fungere da esempio per chiunque. L’alcolismo è una dipendenza grave, e per combatterlo bisogna chiedere aiuto. Perché non ci siano altri bambini come Laura, che aveva ancora tutta una vita davanti ed è morta a causa di un mostro che “nonostante tutto” non riusciva a odiare.
(Articolo di Alessandra Ceschia tratto dal sito http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2016/02/28/news/il-culto-dello-sballo-un-fenomeno-giovanile-ancora-sommerso-1.13036023 del 28 febbraio 2016)
L’esperto Gianni Canzian: sempre più diffuso l’abuso di sostanze. Eppure l’alcolismo sembra in progressiva diminuzione.
UDINE. Non è tanto l’alcolismo a scatenare disordini e liti, quanto l’abuso di alcol. Sembrerebbe una distinzione di poco conto, ma così non è. L’osservazione giunge dal dottor Gianni Canzian direttore del Dipartimento dipendenze dell’Azienda per l’assistenza sanitaria 3 Alto Friuli.
«L’alcolismo è un fenomeno in diminuzione, come lo è il numero di morti che provoca – osserva Canzian – la quantità di persone in crisi di astinenza si è dimezzata negli ultimi anni. Quello che è invece aumentato e che porta il nostro Paese ad avvicinarsi a quelli del Nord Europa è l’abuso. Vale a dire l’ubriacatura che rientra nell’ambito del divertimento pericoloso».
Non un consumo sistematico di sostanze alcoliche, ma un uso tanto mirato quanto sconsiderato, finalizzato allo sballo che ricorre principalmente nei fine settimana o in occasione di feste e che coinvolge soprattutto i ragazzi più giovani. Ed è prevalentemente questa la categoria di persone che più spesso si rende protagonista di liti, comportamenti aggressivi o provoca disordini nei locali.
«In genere l’alcolista sviluppa una serie di disturbi di natura sanitaria – sintetizza Canzian – che coinvolgono principalmente il fegato, ma di norma non manifesta problemi comportamentali poichè, con il tempo, raggiunge un maggiore controllo, non altrettanto si può dire del bevitore abusatore, che può avere comportamenti più aggressivi, abbandonandosi anche a esplosioni di violenza».
Si tratta di un fenomeno che non affiora nella letteratura sanitaria, in quanto raramente i bevitori abusatori arrivano ai Dipartimenti delle dipendenze. L’alcolista ci arriva perché inviato dal medico di base, quando gli esami del sangue rivelano valori sballati, o perché sottoposto all’alcoltest quando è al volante, ma il bevitore abusatore può essere giovane o giovanissimo e sfuggire a ogni genere di controlli, perfino a quelli dei genitori.
«Nel tempo – fa notare Canzian – si è passati da una “cultura” del bere mediterranea a una di tipo anglosassone, questo ha mutato radicalmente quantità e qualità di sostanze alcoliche consumate».
Se un tempo i friulani erano cronici consumatori di “tajuts”, ora si tracannano birre e superalcolici nel week-end. Così, se gli alcolisti sono in genere adulti maturi, quando non anziani, i bevitori abusatori sono tendenzialmente giovani.
«La soglia anagrafica si è abbassata parecchio – conferma Canzian – i ragazzi cominciano ad abusare delle sostanze alcoliche nel passaggio fra le scuole medie e quelle superiori, in qualche raro caso addirittura prima. E se anche il primato resta maschile, il consumo fra le donne è in aumento. È una declinazione negativa della “parità dei sessi” che le donne hanno già raggiunto nella dipendenza dal fumo». In ogni caso, l’abuso sviluppato in età adolescenziale può scomparire con la maturità, ma può anche evolvere verso la dipendenza.
(Articolo tratto dal sito http://news.in-dies.info/24611/ del 27 febbraio 2016)
Bere in gravidanza non solo nuoce al neonato, ma anche ai figli futuri del bambino, per tre generazioni.
Uno studio americano ha scoperto che bere anche piccole quantità di alcool durante la gravidanza può aumentare il rischio di dipendenza da alcol addirittura nei figli e nei nipoti.
I ricercatori della Binghamton University negli Stati Uniti hanno trovato che bere alcol durante la gravidanza può avere effetti transgenerazionali, che incidono non solo sul feto esposto direttamente, ma anche sulle generazioni future.
L’esposizione prenatale all’alcol eleva il rischio di discendenti di essere predisposti alla dipendenza da questa sostanza, in futuro, modificando lo stato neurologico e fisico di una persona. Tali alterazioni vengono trasmesse in via transgenerazionale.
Finora gli studi erano stati fatti sui figli, ma non sui nipoti. La ricerca scientifica sul consumo di alcol durante la gravidanza si era concentrata principalmente sugli effetti rilevati sui feti esposti direttamente. Se erano state coinvolte più generazioni, gli studi avevano riguardato solo le attività cellulari, ma non i comportamenti.
Alcuni scienziati americani, invece, hanno fatto uno studio su dei ratti femmina in gravidanza, dando la dose equivalente di alcol a un bicchiere di vino per quattro giorni di fila, tra i 17 e i 20 giorni di gestazione, periodo, che corrisponde al secondo trimestre di gravidanza per una donna. Hanno poi testato il comportamento della prole giovanile dei ratti di fronte ad acqua e alcol.
La sensibilità all’alcol degli animali è stata misurata iniettando una dose elevata di alcol in grado di ubriacarli, quindi misurando il tempo che impiegavano per recuperare.
I risultati, pubblicati sulla rivista ‘Alcoholism: Clinical and Experimental Research’, hanno mostrato che bere alcol durante la gravidanza, anche a basse dosi, aumenta il rischio di alcolismo non solo nel bambino ma anche nei nipoti.
I risultati hanno mostrato che nel ratto, quando una madre consuma l’equivalente di un bicchiere di vino per quattro volte, durante la gravidanza, figli e nipoti, fino alla terza generazione, sono più a rischio di alcolismo.
L’alcool agisce come una tossina, che interessa le diverse fasi dello sviluppo fetale durante la gravidanza.
Gli scienziati non sanno ancora come le abitudini della nonna possano ancora avere un effetto persistente decenni più tardi, anche se sospettano che sia qualcosa che ha a che fare con il cambiamento dell’espressione dei geni dovuto all’alcol.
Fonte: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/acer.12978/abstract
(Articolo tratto dal sito http://www.larena.it/territori/valpolicella/c-%C3%A8-il-test-per-scoprirese-si-%C3%A8-dipendenti-1.4671956 del 25 febbraio 2016)
Sei un potenziale malato di Gap, gioco d’azzardo patologico? Lo puoi scoprire con un test attraverso il sito dell’Ulss 22: nella pagina «ambulatorio gioco d’azzardo», che fa parte della sezione Dipartimento delle dipendenze, c’è un collegamento che si apre cliccando sulla scritta in grassetto «Effettua il test per scoprire che giocatore sei». I rischi che si corrono sono autentici, come dimostrano i servizi che abbiamo pubblicato nell’edizione di ieri e le delibere dei sindaci per limitare a otto le ore in cui si può giocare alle slot. «Giocare d’azzardo è un comportamento che può mettere a rischio l’equilibrio psicofisico», spiegano all’Ulss 22. «Quando ci accorgiamo che il gioco diventa per noi o per un nostro familiare non più divertimento ma una necessità e si tenta di “rifarsi” dei soldi persi, è giunto il momento di riflettere su quello che sta accadendo. (…)
(Articolo tratto dal sito http://www.larena.it/territori/valpolicella/pi%C3%B9-uomini-ma-%C3%A8-diffusamoltissimo-tra-i-giovani-1.4669592 del 24 febbraio 2016)
Il direttore del Centro dipendenze dell’Ulss 22, lo psichiatra Raffaele Ceravolo, ha iniziato il nuovo anno scrivendo a sindaci e assessori dei servizi sociali dei Comuni della Valpolicella. Snocciola alcuni dati sul Gap (gioco d’azzardo patologico) per scuotere magari le coscienze e favorire un’ampia presa di posizione da parte delle amministrazioni, per quanto nei loro poteri. Le autorizzazioni per le attività legate al gioco d’azzardo, infatti, arrivano direttamente dal governo e i via libera vengono dati dalla questura.
Dottor Ceravolo, la Valpolicella è una zona più a rischio di altre?
«Il Gap è fenomeno che si diffonde ed è bene che anche qui i Comuni si attrezzino e facciano quanto di loro competenza per evitare il dilagare del fenomeno. La crescita dell’offerta di luoghi di gioco non può che indurre l’aumento dei giocatori e, di conseguenza, anche di quelli patologici». (…)
(Articolo di D.N. tratto dal sito http://www.ilgiornaledivicenza.it/territori/vicenza/botte-e-minacce-a-sua-sorella-perch%C3%A9-si-ubriaca-1.4670916 del 24 febbraio 2016)
La picchia per punirla, o per educarla. Il motivo? Sua sorella continua a ricadere nel vizio dell’alcolismo, nonostante le cure e i ricoveri.
È un dramma familiare quello di cui si discuterà fra qualche settimana in tribunale. A. T., 47 anni, residente nell’hinterland della città (le iniziali sono dovute alle condizioni di salute della vittima, altrimenti riconoscibile), dovrà presentarsi davanti al giudice Maria Trenti per difendersi dalle accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni ai danni della sorella L., di 45 anni, che abita con lui e con l’anziano padre invalido.
I fatti contestati sarebbero avvenuti fra il 2013 e l’aprile dell’anno successivo. In svariate occasioni l’imputato, che lavora come operaio, avrebbe picchiato, offeso e minacciato la sorella più giovane. L’avrebbe percossa con calci e pugni, le avrebbe tirato i capelli, l’avrebbe strattonata, le avrebbe lanciato addosso nei momenti d’ira tutti gli oggetti che gli passavano per le mani, le avrebbe torto un dito. In casa avrebbe creato «un clima di terrore», tanto che la sorella era fuggita dall’abitazione per qualche settimana, per sfuggire alle violenze. In un caso, avvenuto durante le vacanze di Natale, lui l’avrebbe picchiata con forza, spaccandole il naso e perforandole un timpano, tanto che L. era stata costretta a farsi accompagnare in ospedale, dove era stata medicata e giudicata guaribile in un mese.
L. non ha mai voluto sporgere denuncia e la procura, con il pubblico ministero Floris, ha proceduto d’ufficio dopo la relazione dei carabinieri, che oltre ad ascoltare la vittima (che ha confermato gli episodi, spiegando di non comprendere i motivi per i quali il fratello alza le mani), hanno sentito anche altri famigliari. Secondo questi ultimi, le ragioni dell’operaio andrebbero ricercate nei problemi della sorella, rimasta in cura per anni per uscire dal tunnel dell’alcol. Ogni volta che la trova ubriaca, A. T. diventa una furia e la picchia, arrabbiato perché la sorella ricasca nel suo errore. Anche nell’occasione delle botte più feroci, lui l’avrebbe trovata a letto ubriaca, tanto che aveva allontanato un famigliare, intervenuto in soccorso: «Sono stanco di vederla in queste condizioni». Ora l’imputato avrà modo di difendersi in tribunale.