«Viva!», batte il cuore della provincia
(Articolo di Paola Dalli Cani tratto dal sito www.larena.it )
Verona, 26 settembre 2013
L’EVENTO. Il Suem 118 ha invitato soccorritori e salvati a testimoniare le loro storie in occasione della Settimana europea della rianimazione.
Abriani di Veronella racconterà del suo salvataggio del legnaghese Ongaro e mamma Cavazza parlerà del figlio Michael che l’ha soccorsa dopo un malore.
Claudio Ongaro con il suo salvatore, Gianni Abriani FOTO AMATO
Si chiamano Giulia Giovannini, Mattia Cambi, Gianni Abriani, Antonella De Grandis e Luigino Ruggeroni, e sono «il cuore della provincia». Sono cinque persone che raccontano storie di vite salvate, davanti a un arresto cardiaco, dalla prontezza di riflessi, dal sangue freddo e dalle competenze. A loro vanno aggiunti Chiara e Severino Cavazzola e il loro nipotino Michael, protagonisti di un salvataggio in famiglia accaduto a San Giovanni Ilarione verso la fine del 2010. Un elenco di nomi che il 19 ottobre prossimo diventeranno volti sul palco della Gran Guardia dove, dalle 21, saliranno come testimoni al Gran gala «Viva!», evento della settimana europea della rianimazione cardiopolmonare che si sviluppa anche sul web e sugli smartphones con l’applicazione omonima (vedi box). Giulia, Mattia, Gianni, Antonella e Luigino sono i salvatori, ed è a loro, insieme ai salvati, che «Viva!», coordinata nel veronese dal Suem 118, ha voluto affidare il compito di testimonial della campagna per conoscere le manovre in grado di rianimare. Se Gianni Abriani, metalmeccanico 52enne di Veronella, non le avesse conosciute, forse Claudio Ongaro, legnaghese di 55 anni, sarebbe diventato un nome in più nella triste lista di chi non ce l’ha fatta. Invece, «il 1° aprile scorso sono nato per la seconda volta», dice Ongaro. Perchè Gianni, che correva alla «Marcia tra i ciliegi in fiore» a San Giovanni Ilarione, davanti a quel podista stramazzato a terra, non ha avuto paura. «Correvo con due amici. Tutti e tre sapevamo come va fatto il massaggio, ma quando ti capita di dover passare dalla teoria alla pratica la cosa cambia. Loro non se la sentivano, li aveva paralizzati la paura di far male a chi sta già male, di creargli dei problemi in più. Io, al contrario, ero molto calmo, non ho perso tempo, e mi son dato subito da fare», racconta Abriani. E come fare lo ha imparato trasformando in un’opportunità i corsi sulla sicurezza promossi dall’azienda in cui lavora e facendo parte della squadra di primo soccorso. Antonella De Grandis, invece, le manovre le conosce per mestiere. È un’infermiera di Castagnaro con la passione per il podismo. Il 1° aprile è stato automatico per lei fermarsi e dar man forte a Gianni. A rendersi in qualche modo utile è stato anche Luigino Ruggeroni, podista roncadese, fino all’arrivo sul posto di Paolo, Agostino, Simone e Fabrizio, quattro volontari della Croce rossa italiana. È bastato un colpo di defibrillatore per far ripartire il cuore di Ongaro poco prima dell’atterraggio dell’elicottero del Suem 118. A San Giovanni Ilarione, nel dicembre del 2010, si è visto un altro salvataggio straordinario, quello di Emma Cavazzola, che pure racconterà la sua storia a «Viva!». Colta da malore in casa e chiusa in bagno, in una casa affollata della sua assenza si è accorto solo il piccolo Michael, che aveva dieci anni: è stato lui a scoprirla riversa a terra, a correre come un fulmine a cercare aiuto gridando come un ossesso. Ed è stato ancora lui ad assistere al salvataggio, via telefono, della sua mamma. Perchè il grido di Michael l’ha sentito zia Chiara che ha chiamato il 118. Michael è rimasto a reggere il telefono perché zia Chiara e lo zio Severino dovevano eseguire alla lettera, per la prima volta nella loro vita, le manovre salvavita, quelle che un operatore del Suem 118 diceva loro di compiere. Non hanno invece un nome, perchè la cronaca non lo rivelò mai, due bambini che hanno vissuto una storia simile, dopo un malore in piscina. Aveva 5 anni il bimbo che nel 2009, alle piscine Monte Bianco di Verona è stato salvato da Giulia Giovannini, studentessa trentina all’ateneo scaligero che in piscina faceva la bagnina. Ne aveva invece 9 la piccola che Mattia Cambi, nel 2011, ha salvato in piscina ad Isola della Scala. Come Giulia, anche Mattia studiava Scienze motorie e all’università aveva imparato come intervenire. Loro, i salvatori, si stupiscono dello stupore. Ma sono le parole di Claudio Ongaro a dirimere la questione: «A me tremano le gambe quando ci penso. Serve il cuore, non solo il defibrillatori. Per me sono eroi perché c’hanno messo il cuore».