Convegno dell’Associazione Quinto Comandamento nella sede del Banco Popolare.
La rete di associazioni sul territorio a tutela della vittima è capillare. Oltre agli sportelli antiviolenza è nato anche quello per i maltrattanti. I relatori all’incontro sullo stalker: “Nel 90% dei casi il persecutore è l’ex fidanzato, marito o collega.”
La città dell’amore dice «no» allo stalking. Lo fa parlando del problema, analizzandolo, cercando di abbattere tutti quei tabù che fanno degli atteggiamenti persecutori messi in atto da un aggressore nei confronti di una vittima, un fenomeno drammatico che ancora troppo spesso non viene denunciato. L’associazione nazionale antistalking «Quinto comandamento» ha organizzato ieri pomeriggio, nella sede del Banco Popolare, un incontro cui hanno partecipato le principali figure professionali che quotidianamente lavorano al fianco delle vittime di questa serie di violenze e pressioni che dal 2009, con l’introduzione nel codice penale dell’articolo 612 – bis, è reato punibile anche con la reclusione. «L’esperienza veronese, rispetto ad un quadro nazionale davvero critico, è abbastanza positiva. C’è stato negli ultimi anni un parziale aumento dei casi ma non deve essere letto in chiave necessariamente negativa: si tratta spesso di episodi finalmente venuti alla luce grazie alla denuncia della vittima», spiega l’avvocato Benedetta Scienza di «Quinto Comandamento». Il 612 – bis è infatti un reato perseguibile a querela di parte: ovvero solo su denuncia della persona lesa. E, considerato che nel 90 per cento dei casi l’aggressore è l’ex fidanzato, marito, collega, il passo che porta dentro le stanze della questura è davvero difficile da compiere. La rete di associazioni ed enti, da Telefono Rosa ai Servizi sociali del Comune, attivi sul territorio a tutela delle vittime di stalking è vasta e capillare anche su tutta la provincia. E i servizi spaziano davvero a 360 gradi. Al fianco degli sportelli anti violenza da qualche settimana si è aggiunto infatti anche lo sportello per i maltrattanti. «Si tratta di un punto d’ascolto studiato e aperto per quanti si rendono conto di mettere in atto comportamenti o atteggiamenti violenti», spiega l’assessore ai Servizi sociali Anna Leso. L’aggressione messa in atto dallo stalker, non è necessariamente fisica. La violenza può manifestarsi anche in modo molto meno evidente ma essere altrettanto subdola e pericolosa. «Spesso le vittime stesse non si rendono conto di essere tali», aggiunge Veronica Speri, psicologa di Telefono Rosa, che aggiunge: «la fase di maggior criticità è quella del distacco. Il momento del rifiuto crea una ferita narcisistica che porta l’uomo violento a reazioni violente e prevaricatrici». «Bisogna trovare il coraggio di denunciare. Ci sono una serie di interventi che possiamo mettere in atto a tutela delle vittime ma senza querela abbiamo in parte le mani legate», aggiunge Massimo Castellani, primo dirigente della polizia. Le misure cautelari che il magistrato può stabilire partono infatti dalla denuncia. «Senza, è possibile solo un ammonimento dell’aggressore da parte del questore», aggiunge Castellani che consiglia in casi di stalking di conservare le prove degli atti persecutori, “dalla sim del telefono, ai messaggi provocatori.
(Articolo di Ilaria Noro tratto dal quotidiano “L’Arena di Verona” del 23 giugno 2013)