Gioco d’azzardo, malato un italiano su due
(Articolo di Francesca Mariani tratto dal sito http://www.iltempo.it/cronache/2016/04/11/gioco-d-azzardo-malato-un-italiano-su-due-1.1528183 del 11 aprile 2016)
Come una droga per 900mila persone. La spesa complessiva è di 17,5 miliardi.
In Italia un giocatore su due è «malato» di gioco d’azzardo. Un fenomeno dilagante, una vera e propria patologia che ha dei costi spaventosi: ogni cittadino, infatti, spende mediamente non meno di 633 euro all’anno e ogni nucleo familiare composto da quattro persone perde annualmente circa 2.533 euro. Con un volume d’affari di 450 miliardi di euro, il gioco d’azzardo legalizzato s’inserisce di diritto nel gotha delle superpotenze economiche del momento.
Ed è proprio l’Italia uno dei paesi leader del settore, grazie ai suoi 84,4 miliardi di euro di fatturato annuale – il 20% del volume di affari nel mondo – con una spesa effettiva di 17,5 miliardi di euro. Ma chi è e come si comporta il giocatore d’azzardo? «Se prima si pensava che il giocatore medio fosse di sesso maschile, di scarsa cultura e intorno alla quarantina, adesso si è visto che non è necessariamente così. Si tratta infatti di un fenomeno che prende tutti in modo assolutamente “democratico”, che colpisce cioè trasversalmente giovani, adulti e anziani, uomini e donne. Insomma la tipologia è estremamente differenziata». A dirlo è il dottor Michele Sforza, psichiatra e psicoanalista e attualmente direttore del Centro Cestep presso la Casa di Cura Le Betulle, che ha celebrato il 50° anniversario della sua fondazione alla presenza di numerosi ospiti tra cui medici, figure istituzionali e del mondo accademico.
La struttura, ideata e costruita dal prof. Augusto Guida coadiuvato da un gruppo di medici psichiatri, nacque con un indirizzo neuro-psichiatrico aperto a tutte le patologie della psiche e si propose come alternativa alle strutture psichiatriche del tempo. Tale rilevanza storica è stata recentemente confermata con il suo inserimento, insieme a poche altre strutture ospedaliere, nell’Archivio Storico della Psicologia Italiana (ASPI).
Due in particolare le manifestazioni della patologia del giocatore d’azzardo: l’abuso e la dipendenza, quest’ultima chiamata anche addiction. «Ciò che caratterizza la dipendenza è il pensiero continuo al gioco. E dando continuità a questo comportamento si trascura tutto: i rapporti sociali e familiari, e quelli affettivi oltre alla perdita totale di interessi – continua l’esperto – È erroneo pensare che il giocatore giochi esclusivamente per denaro. In realtà il suo comportamento è determinate soprattutto dalle sensazioni gratificanti che prova e che sono determinate dal rilascio di dopamine in alcune aree del cervello. I giocatori dipendenti lo sanno e dicono: «io gioco per l’adrenalina», cioè per le sensazioni eccitanti prodotte causate dal gioco. «In alcune persone particolarmente predisposte queste sensazioni gradevoli inducono alla ripetitività delle loro azioni, facendo così perdere totalmente il controllo». In Italia la percentuale di giocatori d’azzardo problematici va dall’1,5% al 3,8%, cui si aggiunge un altro 2,2% di giocatori d’azzardo patologici. Ma quanto sono cambiate le tipologie di gioco? «Il cambiamento è stato sicuramente evidente. Se prima c’era il SuperEnalotto, adesso si preferiscono giochi più rapidi, capaci di dare un risultato istantaneo, cosa che attrae sensibilmente il giocatore», continua il dottor Sforza. Basti pensare che in Italia il settore del gioco è dominato dalle slot machine, una delle categorie di gioco più diffuse (ben il 56%): un segnale evidente di come siano cambiate le tendenze del giocatore medio, attratto da modalità più semplici, intuitive e rapide. Ma la cura di questa patologia presenta ancora dei limiti o il progresso scientifico permette di risolvere, almeno parzialmente, il problema? «La malattia non può essere completamente guarita – conclude il dottor Sforza – ma può essere certamente curata per permettere alla persona e alla sua famiglia di ricominciare ad avere una vita serena. La cura è importante, trattandosi di un fenomeno così complesso. Questo tipo di dipendenza, così come le altre dipendenze, richiede trattamenti complessi e tempi lunghi». Motivazione e psicoterapie familiari sono elementi indispensabili per la terapia. «Il compito dell’esperto è quello di motivare il paziente per poi ingaggiarlo in un programma terapeutico, all’interno del quale ci sono strumenti psicoterapici, fra cui, importantissime, le psicoterapie familiari e di gruppo. Il gruppo, a mio parere, è la terapia regina. Sappiamo infatti che coloro che si sottopongono a terapie di gruppo hanno esiti nettamente migliori rispetto ad altri interventi».