Alcol e giovani: quanto conta la tv?
(Articolo di Donatella Barus – Fondazione Umberto Veronesi – tratto dal sito http://www.iodonna.it/benessere/salute-prevenzione/2016/01/25/alcol-e-giovani-quanto-conta-la-tv/?refresh_ce-cp del 25 gennaio 2016)
I mezzi di comunicazione (social network compresi) rafforzano i modelli di consumo.
Anche nell’era degli smartphone e di internet è ancora così importante la televisione nell’influenzare i comportamenti in tema di alcol? Sì, secondo un team di ricercatori americani che hanno pubblicato una analisi sul numero di gennaio del Journal of Studies on Alcohol and Drugs. Negli Stati Uniti, i produttori di alcolici seguono un sistema di auto-regolamentazione per limitare le pubblicità sui media o i programmi seguiti da minori. Un sistema però giudicato insufficiente dagli autori della ricerca, che sottolineano come dal 2005 al 2012 i bambini siano stati esposti 15 milioni di volte a spot che sfuggono alle linee-guida. E raccomandano perciò la creazione di “no buy list”, ovvero liste di programmi tv che i produttori dovrebbero evitare, con particolare attenzione alle fasce orarie mirate ai giovani e ai programmi via cavo a basso costo.
GLI EFFETTI – Non sarà la soluzione al problema del consumo precoce di alcolici, ma è un passo importante secondo i ricercatori, perché “le immagini della pubblicità contribuiscono a impostare le aspettative dei bambini sull’alcol, possono creare una predisposizione positiva verso il bere, spingere a iniziare o a bere troppo”. Secondo diverse analisi, in effetti, l’esposizione a messaggi positivi sull’alcol ha la potentissima funzione di normalizzare il consumo di bevande alcoliche agli occhi di bambini e ragazzi, che familiarizzano con il gesto, imparano a riconoscere i brand e vi si affezionano. Una paziente analisi sulle ore di programmazione tv in Italia, condotta nel 2001 dall’Osservatorio nazionale alcol, parlava di un “atto-alcol” ogni 13 minuti, “una frequenza praticamente doppia rispetto a quella registrata per gli atti-fumo e pari a 1 ogni 26 minuti – 6 all’ora”. Nella maggior parte dei casi il bicchiere era associato a momenti di convivialità e all’idea di successo.
LIMITI – In Italia la pubblicità radiotelevisiva di alcolici è vietata nei programmi rivolti ai minori e nei 15 minuti che li seguono e li precedono, non può “rivolgersi espressamente ai minori né “incoraggiare il consumo smodato di bevande alcoliche”. Non può attribuire all’alcol “efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente riconosciute dal Ministero della sanità” o rappresentare minori che bevono alcol o presentare in modo positivo l’assunzione di bevande alcoliche.
SOCIAL NETWORK E NON SOLO – Ma l’industria pubblicitaria da tempo ha imparato a occupare i nuovi spazi, social network compresi. Nonostante i vari sistemi di filtro basati sull’età, recenti ricerche hanno evidenziato una notevole permeabilità ai messaggi delle aziende produttrici di alcolici dei profili Twitter e Instagram riconducibili a utenti anche molto giovani. L’advertising, comunque, raggiunge alte proporzioni di ragazzi senza bisogno di spot tradizionali: tutta l’industria dello spettacolo, della musica, dello sport e, più in generale, del divertimento è territorio di caccia per fidelizzare nuovi consumatori.