Minori. Il ‘Binge drinking’ può causare il cancro al seno VIDEO
(Articolo di Marcella Piretti tratto dal sito
http://www.dire.it/15-12-2015/29252-minori-il-binge-drinking-puo-causare-il-cancro-al-seno/ del 15 dicembre 2015)
BOLOGNA – Il cosiddetto ‘binge drinking’, ovvero il fenomeno di “bere per ubriacarsi” tanto diffuso tra i giovani e giovanissimi, non solo è pericoloso in generale per la salute ma aumenta esponenzialmente il rischio di sviluppare un cancro, in particolare il cancro al seno per le ragazzine. Chi tra loro beve più di un bicchiere sviluppa un rischio del 7%, che aumenta fino al 50% se se ne bevono altri due o tre.
A lanciare l’allarme da Bologna è Emanuele Scafato, presidente di Sia (Società italiana di alcologia) oltre che referente dell’Osservatorio nazionale sull’Alcol del Cnesps dell’Istituto superiore di sanità. Del tema si è parlato durante il convegno organizzato dalla Sia sul tema “L’epatopatia alcolica, dalla steatosi al trapianto di fegato” che si è svolto sotto le Due torri all’hotel Carlton, in cui si è fatto il punto sulle patologie alcol-correlate.
A margine dell’incontro, Scafato dichiara alla Dire: “Tra i tumori alcol-correlati non ci sono solo quelli dell’apparato digerente, ma anche altri, e in particolare stiamo rilevando qualcosa che si sta innescando nelle giovani generazioni e che è collegato al ‘binge drinking’”. Spiega infatti l’esperto: “Si tratta di una esposizione precoce all’abuso alcolico da parte di ragazzi e ragazze che fisicamente non hanno possibilità di metabolizzare l’alcol, per cui anche con un consumo moderato si rileva un incremento del rischio di cancro alla mammella che è del 7% per ogni bicchiere successivo al primo. Il rischio può incrementare fino al 27% se la donna ha recettori positivi nel tessuto mammario, ma questo si può sapere solo con una biopsia e non è pensabile farla a livello preventivo. Con due o tre bicchieri, poi, il rischio diventa del 50%”, dice Scafato.
Evitare di bere, dunque, “non solo serve a prevenire il cancro a esofaogo, bocca e colon (legati al passaggio diretto dell’alcol sulle mucose), ma anche altri tumori che hanno a che vedere con altri organi, come appunto quello alla mammella”. Tant’è vero che l’Oms, spiega ancora il presidente di Sia, punta proprio sugli slogan anti-alcol come argomento di prevenzione alcologica. “Qualunque sia la tua quantità di alcol, diminuiscila. Lo slogan è sempre il noto ‘Less is better’. E se vuoi fare prevenzione oncologica- prosegue Scafato- non bere è la scelta migliore”.
Ma non ci sono solo i tumori. L’alcol è infatti responsabile di molte altre patologie. “Ogni anno in Italia si contano 17.000 morti alcol correlate. L’alcol è causa di 220 patologie e di circa 14 tipi di cancro”. Come prevenirle? A parte la scelta di non bere, ci sono alcuni accorgimenti che limitano gli effetti negativi. “Bere a stomaco pieno è meglio, perché dimezza l’alcolemia”. E ancora: “Chi è in sovrappeso rischia di meno, perché ha una capacità di diluizione maggiore”. Ma “in ogni caso quello che è fondamentale sapere è che l’alcol non è per tutti- afferma l’esperto- di certo non è per i giovani, per chi assume farmaci, o per chi può avere patologie che sconsigliano l’uso di alcol, una molecola di cui organismo non ha bisogno”. Quindi il motto “Un bicchiere a pasto fa bene” è un mito da sfatare? Si tratta di prospettive, spiega Scafato. “Se è vero che un bicchiere fa bene e può essere di prevenzione per alcune tipologie, come la cardiopatia coronarica, il diabete o la calcolosi della colecisti, contemporaneamente quello stesso bicchiere porta effetti negativi per altre 200 patologie e 14 tipi di cancro. L’effetto netto è sempre negativo e contiamo 17.000 morti in tutta Italia in un anno”.
L’Emilia-Romagna, spiega ancora Scafato, per quanto riguarda la mortalità legata all’alcol rispecchia la media delle regioni settentrionali, “dove c’è un maggiore rischio rispetto al Centro e al Sud, rischio riferito agli uomini. Al Sud, invece, sono le donne che rischiano di più“, dice il presidente di Sia.
L’alcol è la prima causa di morte tra i giovani, fattore legato all’incidentalità stradale, ma ci sono anche altri soggetti molto a rischio, e cioè gli anziani. Tra loro “insorgono anche patologie croniche e la più prolungata esposizione al consumo porta a più elevata incidenza di patologie”. Di fatto, dunque, afferma Scafato, “ci vogliono strategie mirate su giovani e anziani”. Non solo. Occorre anche aumentare i trattamenti (di qualunque tipo, farmacologico, motivazionale, di auto e mutuo aiuto, dice l’esperto) che “consentano a un alcol dipendente di recuperare la sobrietà”. Così “si incrementa la sopravvivenza e si diminuisce la mortalità di una popolazione estremamente vulnerabile”.