Giovani e alcol, divertirsi da morire…
(Articolo di Stefania Castella tratto dal sito http://www.ilgiornaleweb.it/cultura/societa/2087_giovani-e-alcol-divertirsi-da-morire-au55.html del 08 ottobre 2015)
Sarebbe semplice dire “fa male” e basta. L’alcol è la prima causa di mortalità tra i giovani fino ai 29 anni. Che sia occasionale che sia abitudinario alzare il gomito al di sotto di una certa età è meccanicamente, scientificamente, più pericoloso che in altre fasi, in altre fasce. Gli enzimi determinati a scindere l’etanolo e tutte le sostanze nocive contenute in certi bicchierini, nel periodo adolescenziale non metabolizzano la stessa quantità di sostanze, come succede più avanti negli anni.
Sotto un certa soglia d’età quindi la tolleranza del nostro fegato, del corpo, tutto il corpo, dovrebbe essere pari a zero: Zero alcol, e per le donne dotate di una forte quantità di liquidi in meno, i danni sono ancora più gravi.
Eppure si beve, si beve in occasioni speciali, si beve per festeggiare la squadra, per sentirsi parte di un nucleo, per sentire quella leggerezza che l’età impone. Secondo i dati Espad (European School Project on Alcool and Other Drugs) progetto europeo di indagini sull’uso di alcol, droga e sostanze psicoattive nelle scuole, curato per la parte italiana dall’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, con il coinvolgimento e i dati relativi ad oltre 40 paesi europei di 2milioni di giovani coinvolti nell’ultimo anno, almeno in un’ occasione hanno bevuto più di un bicchierino il 50% perlomeno un decina di volte, il 20% almeno una volta al mese, il restante beve in più di un’occasione, diciamo pure regolarmente, molto, troppo.
Tutto può concorrere e influire, considerando le alte mura che si costruiscono durante questa delicatissima fase in cui tutto sembra essere contro, sballarsi per non pensare, sballarsi per protestare, spesso è una via irresistibile. Non è una questione di puro divertimento fine a se stessa o limitata ad un passatempo momentaneo, molte volte soprattutto chi rimane legato al bicchiere come alla stregua di una qualunque altra dipendenza, beve senza orari, senza controllo e per perdere il controllo.
E il controllo si perde purtroppo, e si perde fuori casa, in auto, in situazioni che espongono a più di un pericolo, perché vulnerabili. Incidenti che provocano danni a se stessi e agli altri, ma anche percorsi penosi di quasi deliri e un numero altissimo di suicidi, sembrano fantascienza fuori da ogni logica, non è così purtroppo.
L’alcol è vietato sotto una certa età ma non è questo che scoraggia la fascia di giovani dediti alla pessima abitudine molto in voga del “Binge drinking” ad esempio, assumere più sostanze in un arco di tempo il più breve possibile, senza pensare a cosa, come e quanto, insomma uno sballo totale e immediato, con danni però, non solo immediati ma sicuramente totali e purtroppo a lungo termine, al sistema nervoso, endocrino, ematico, immunitario, gastrointestinale.
Proprio questa fascia d’età dai 12 ai 25 anni delicata e facilmente influenzabile, per l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) dovrebbe essere racchiusa in quella “Finestra di vulnerabilità” intoccabile, in cui riconoscere che tutto questo veleno rappresenti un danno irreversibile per un cervello e un corpo in fase di assestamento e sviluppo. Sebbene in media gli italiani siano quelli che rispetto ai coetanei adolescenti europei bevono in percentuale meno, il problema non appare comunque più lieve. Contando i danni, anche un solo bevitore minorenne è un dato preoccupante per assurdo che sembri.
Davide quasi 29 anni mi dice che: “Per fortuna sono passato indenne per quella fase d’età. Non è una passeggiata l’adolescenza. Si, bevevamo alle feste ogni tanto, ma oggi è diverso. Oggi pare che si festeggia tutti i giorni e a tutte le ore. Non ho mai bevuto per dimenticare. Penso che tutti bevano per divertirsi. Le ragazze per sembrare diverse da come sono. Per sembrare più disinibite”. Marta ha appena 18 anni ma conosce l’esperienza della psicanalisi in un percorso quasi infernale durato parecchi mesi. Dal bicchierino per gioco, a più di un bicchierino. Dal divertimento momentaneo, al bisogno giornaliero. “Quello che pensavo spesso, è che all’inizio avevo intorno le amiche, insomma era una cosa da fare insieme. Ad un certo punto non mi fregava niente, bevevo anche da sola. Non avevo bisogno di nessuno e di nessun motivo”.
Uscire fuori da questa spirale è possibile, difficile ma possibile, e parlarne per farsi aiutare, l’unico modo. Cosa possiamo fare noi genitori? impotenza è il senso che più sentiamo venirci incontro, ma prima di perdere la forza per affrontare certi percorsi, è bene affrontare certi discorsi. Conoscere i propri figli e i loro amici, sapere leggere i cambiamenti di umore di questa fase difficile, distinguere le malinconie, le tristezze, alleggerire il senso di fallimento che spesso prende il sopravvento. Carpire quegli scatti improvvisi di rabbia e cambiamenti repentini nell’atteggiamento, osservare e soprattutto non avere paura di chiedere aspettandosi spesso non più di un paio di monosillabi. Insistere, non invadere, ma partecipare.
I Centri d’aiuto, di ascolto, e prima ancora il confronto e il parere di un medico, insomma l’isolamento, la vergogna, il silenzio, acuiscono quello che può essere un momento difficile che sembra insuperabile, uno dei tanti da affrontare con i nervi ben saldi. Ricordarsi che il “non si fa” equivale a dire ad un bambino che comincia ad affacciarsi alla vita, che quello che più lo incuriosisce è vietato, effetto contrario garantito. Accompagnare i discorsi, prima che diventino divieti assoluti, con le motivazioni, con i racconti, con la consulenza e il supporto che sta avvenendo anche nelle scuole. Ascoltare la voce di adulti che prima di condannare, spieghino cosa significhi farsi del male, l’esempio, in concreto, spesso può essere una delle vie percorribili più efficaci. Insomma un cammino difficile quello dell’adolescenza, per chi lo affronta da genitore e per chi lo affronta da protagonista adolescente, spesso confuso, in cerca di un’identità e un appiglio e spesso immerso nell’illusione che appannarsi la vista sia il modo più chiaro per vedere.
Quando il mondo spaventa ci si nasconde, e spesso dietro un bicchiere si crede di essere abbastanza coperti, non avere paura di rompere un po’ di vetri, la realtà va affrontata con la giusta dose, e non una dose di veleno, ma la giusta dose di consapevolezza e divertimento, senza essere appannati mai.