Oltre cinquanta giocatori in cura nei centri dell’Ulss
(Articolo di F.T. tratto dal sito http://www.larena.it/stories/2612_legnago/1078334_oltre_cinquanta_giocatori_in_cura_nei_centri_dellulss/ del 03 marzo 2015)
Nei 25 Comuni assistiti dall’Ulss 21 di Legnago sono in costante aumento gli scommettitori incalliti. Nell’ultimo anno sono state infatti una cinquantina le persone, residenti in tutta la Bassa, seguite non solo dal centro per il trattamento del gioco d’azzardo «La Bussola», aperto nel 2002 in via Cadorna, ma anche dall’apposito sportello avviato nel 2013 nella stessa via, gestito direttamente dall’Azienda sanitaria legnaghese. In poco più di 10 anni il numero di giocatori patologici seguiti dalle strutture accreditate dell’Unità sanitaria di via Gianella si è decuplicato. Anche le sale da gioco sono proliferate nei vari centri, arrivando a superare le 150 unità sparse in un’area che va da Sorgà a Bevilacqua, da Zevio a Castagnaro. «Il numero di pazienti seguiti», sottolinea Claudio Marconi, psicologo e referente per il gioco d’azzardo dell’Ulss 21, «rappresenta solo la punta dell’iceberg: basti pensare che a livello nazionale il numero di giocatori patologici è stimato in 800mila persone». Gli scommettitori, di cui un terzo residenti nel capoluogo, sono per la maggior parte uomini ed hanno un’età che oscilla dai 35 ai 50 anni. Le loro professioni sono varie, ma in prevalenza sono operai e artigiani. «Si tratta», prosegue Marconi, «per lo più di pazienti dipendenti da videopoker, videolottery e slot machine. Al contrario, le donne, per la maggior parte casalinghe, prediligono l’acquisto di Gratta&Vinci e puntate al lotto». Tutto ciò porta inevitabilmente molte famiglie ad indebitarsi. «Per questo», continua Marconi, «si dovrebbe consentire ai giocatori patologici di poter accedere a strumenti di autotutela, come le lettere di auto-esclusione che gli interessati potrebbero presentare nelle sale scommesse, alla stregua di quelle che si possono presentare nei casinò svizzeri». Poi conclude: «Il gioco d’azzardo ha un impatto peggiore dell’abuso di alcool e tabacco».