Alcolismo: bisogna coinvolgere i medici di famiglia, il primo filtro
(Articolo di Daniela Natali tratto dal sito http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/14_dicembre_12/alcolismo-bisogna-coinvolgere-medici-famiglia-primo-filtro-7be37922-8206-11e4-bed6-46aba69bf220.shtml del 15 dicembre 2014)
Molto spesso i servizi disponibili non sono conosciuti e lo Stato ci perde: per ogni euro che si “spende” per curare un alcolista, se ne risparmiano da quattro a sei.
«Sono pochi gli alcoldipendenti che vengono seguiti da servizi dedicati e sono perfettamente d’accordo con chi dice che non si tratta solo di una carenza di risorse, ma di una mentalità che deve cambiare. I servizi di alcologia non sono visti come la “casa” di chi beve troppo — puntualizza Pietro Fausto D’Egidio, presidente di FeDerserD, la Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze —. E proprio chi ne avrebbe più bisogno, i giovani, particolarmente indifesi di fronte all’alcol e alle sue conseguenze, li ignora. Tra chi è in carico ai Servizi per le dipendenze per l’alcolismo solo l’1 per cento ha meno di 19 anni e solo il 14 per cento ha meno di 30 anni. Va tenuto presente che la maggior parte dei pazienti in cura nei SerD non abusa di alcol ma di droghe. Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 2013, nei Servizi per le dipendenze il numero delle persone seguite per problemi di droga è infatti doppio rispetto a quello di chi è seguito per abuso di alcol».
Il primo filtro è costituito dai medici di famiglia
Ma, allora, come intercettare, questi potenziali pazienti, spesso non consapevoli di avere un problema? «Un filtro fondamentale — risponde D’egidio — è rappresentato dai medici di famiglia. E la FeDerserD ha appena firmato un protocollo di intesa – che prevede l’organizzazione di corsi di formazione, di orientamento e di convegni – con la Simg, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie. Si tratta da un lato di fare prevenzione – rispetto non solo all’alcol, ma anche al tabagismo e a tutte le dipendenze – e dall’altro di intercettare chi abusa, anche coinvolgendo i familiari che davanti al medico di famiglia, se lo percepiscono attento, possono più facilmente parlare delle loro difficoltà prima che la situazione esploda. Letteralmente. Perché l’alcolista è sempre a rischio violenza». Il problema alcol vi sembra sottovalutato? «Senza dubbio. L’alcol è al quarto posto come causa di disabilità e all’ottavo come causa di morte: é più dannoso della sempre citata ipercolesterolemia e dell’inattività fisica».
Gli alcolici dovrebbero essere più costosi, meno disponibili e meno pubblicizzati
Quali strategie bisognerebbe adottare per combattere l’alcolismo? «Strategie a costo zero per lo Stato — risponde D’Egidio —. Primo: rendere gli alcolici più costosi; secondo: ridurne la disponibilità; terzo: esercitare un controllo più rigoroso sulla pubblicità. Tenendo presente che per contrastare efficacemente uno spot che incoraggia il consumo di alcolici servirebbe tanto denaro quanto è costato lo spot. E si parla di decine di milioni di euro». Non servirebbero anche più risorse economiche da “spendere “ nei servizi dedicati? «Senz’altro: i servizi specialistici, sono fondamentali, ma ribadisco che ritengo importante che si sfrutti quella rete sul territorio che già esiste ed è formata dai medici di base. Servizi per le dipendenze, comunità terapeutiche, gruppo di mutuo aiuto, servizi ospedalieri per le fasi acute sono tutti indispensabili, ma il primo filtro è costituito dai medici di famiglia: possono esser delle sentinelle in grado di cogliere la situazioni a rischio. Penso in particolar agli anziani che difficilmente si possono rivolgere direttamente a servizi di cui speso ignorano anche l’esistenza. Quanto al denaro — conclude D’Egidio — mi pare che oggi il Servizio sanitario sia visto solo come un costo, una perdita e invece il “valore” salute ha un peso economico. Si calcola che per ogni euro che si “spende” per curare un alcolista, lo Stato ne risparmi da quattro a sei».