Tutti contro il fumo, ma l’alcol continua a uccidere
(Articolo di Michela Maisti tratto dal sito http://www.west-info.eu/it/tutti-contro-il-fumo-ma-lalcol-continua-a-uccidere/ )
23 milioni sono alcoldipendenti. 55 milioni sono gli adulti a rischio. 195 mila muoiono ogni anno. Le cifre che descrivono il consumo di alcol in Europa sono simili a quelle di un’epidemia. E consegnano al vecchio Continente un titolo mondiale poco onorifico. Rispetto al resto del pianeta infatti i cittadini europei consumano il doppio delle bevande alcoliche. I dati diffusi in Italia in occasione dell’Alcohol prevention a day – promosso e finanziato dal Ministero della Salute – non lasciano dubbi. Nemmeno dal punto di vista dei danni provocati da questo vizio. Che oggi rappresenta il secondo fattore di rischio in termini di mortalità. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal direttore dell’Osservatorio nazionale italiano sull’alcol (Cnesps) Emanuele Scafato “la media di 30 grammi pro capite di alcol consumato ogni giorno in Europa è la causa di 132.000 nuovi casi di cancro e di un impatto registrabile in decessi, morbilità e disabilità per oltre 60 malattie”.
Ma c’è di più. Perché la tendenza a bere rappresenta anche un costo economico. Che nel 2003 incideva per l’1,3% sul Pil europeo. Una situazione allarmante che i paesi dell’Unione hanno deciso di non ignorare. Così dal 2006 molti stati membri hanno aderito alle priorità individuate dalla strategia comunitaria che supporta la riduzione del consumo di alcol attraverso appositi strumenti di prevenzione. Una task force predisposta dal Parlamento europeo con il preciso scopo di contrastare l’impatto alcolcorrelato. La difficoltà da superare però, ancora una volta, è segnata dalla disarmonia delle linee guida adottate dalle singole nazioni. Dovendosi concentrare sullo step precedente a quello del trattamento sanitario, la strategia deve necessariamente riguardare altri fattori. E partire dal marketing, dalla comunicazione e dalle avvertenze sulla sicurezza stradale. Si tratta cioè di responsabilizzare principalmente i mezzi attraverso i quali si veicola il messaggio. E di individuare target e contesti entro cui rendere efficaci le strategie.
In altre parole, servirebbe qualcosa che vada oltre il canonico “bevi responsabilmente” o la fissazione di una soglia di età minima sotto la quale inibire l’uso di bevande alcoliche. Quel che è accaduto invece è che dalla nascita del progetto europeo ogni stato membro ha fissato un proprio criterio per definire il livello di consumo alcolico “sicuro”. Per questo il nuovo programma europeo – Joint action on reducing alcohol related harm – punta a non ripetere gli errori commessi in passato. Sotto la guida di un organismo ad hoc creato dalla Commissione europea, trenta nazioni europee, fra cui anche Islanda, Norvegia e Svizzera, coopereranno per tre anni (dal 2014 al 2016) alla creazione di un approccio comune sul tema. A occuparsi del coordinamento del progetto, al quale hanno aderito fra gli altri anche 32 associated partners e 28 collaborating partners tra enti e istituzioni pubbliche, sarà il Portogallo. Gli “heavy drinkers” sono avvisati.