Gioco d’azzardo e il boom degli over 65. L’indagine di Auser, Gruppo Abele e Libera
I numeri parlano chiaro. Nel 2012 sono stati spesi per il gioco d’azzardo oltre 88 miliardi di euro. Ma per avere un’idea del “boom” del fenomeno in questi ultimi anni, va presa come riferimento la spesa del 2002: 14,3 miliardi. In 10 anni si è sestuplicata. Dal 1999 a oggi si sono moltiplicate le possibilità di gioco: è possibile giocare tutti i giorni, a qualsiasi ora e in tutte le modalità, anche da casa. Se fino al 2003 la liberalizzazione del gioco d’azzardo pubblico puntava a “fare cassa” a beneficio del bilancio dello Stato, da allora in poi, si è invece deciso di incrementare l’intera economia del mercato del gioco, dando luogo ad una vera e propria industria: 5 mila aziende, 120 mila addetti, mobilitando il 4% del PIL nazionale.
Dai bookmakers delle scommesse, alle ditte che producono e gestiscono le apparecchiature tecnologiche (si pensi alle slot-machines), alle piattaforme per il gioco on line, alle sale da gioco spuntate come funghi nelle nostre città: è così che l’Italia ha raggiunto il primo posto in Europa e il terzo al mondo tra le nazioni che giocano di più d’azzardo. Non senza conseguenze sociali.
La platea dei giocatori, che si è allargata a dismisura, non ha più niente a che fare con habitué dei casinò, con chi passa le nottate ai tavoli da poker o scommette alle corse ippiche. Sono in crescita coloro che diventano dipendenti da slot machines, Vlt, lotterie e scommesse di ogni tipo. Spendono nell’azzardo più di quanto guadagnano, vendono i propri beni, fanno debiti, ricorrono all’usura, mettendo a repentaglio la sicurezza economica dell’intera famiglia. Il periodo di crisi economica, paradossalmente, non invita alle spese oculate. Si tenta il colpo di fortuna, per risollevarsi, o nella speranza-illusione di potersi concedere, magicamente, un’altra vita.
Gli anziani e i pensionati, come tutti, giocano per vincere, ma rischiano d’azzardo anche per altri motivi: passare il tempo, incontrare altre persone. Quanto spendono mensilmente nel gioco? Quale consapevolezza hanno sviluppato rispetto ai rischi?
Auser e Gruppo Abele, insieme a Libera, hanno condotto una ricerca su un campione di circa 1000 anziani in 15 regioni. Un approfondimento che fa riflettere sulla vulnerabilità della popolazione over 65 e sui possibili fattori di protezione e prevenzione. Dai numeri, emerge che il 70% del campione ha giocato almeno una volta nell’anno precedente l’indagine.
Dunque, pur assumendo per il loro valore relativo i dati della ricerca condotta con Auser, rimane indubbio l’innalzamento della stima percentuale del gioco d’azzardo a elevata problematicità rispetto alla platea dell’insieme dei giocatori. Tutti gli studi epidemiologici e le rilevazioni di settore (a dire il vero soprattutto in Italia carenti e un po’ datati, perché nella stragrande maggioranza precedono il “boom” della smoderata diffusone del fenomeno) considerano un rischio di dipendenza patologica tra l’1% e il 3% del totale dei giocatori. Dall’indagine, il numero dei giocatori over 65 a elevata problematicità raggiunge circa l’8%.
Sommando i giocatori di “media problematicità” si arriva al 16,4%. A questa percentuale, va ancora aggiunto il 14,4% della fascia borderline. Pur prendendo il dato con le “pinze” della prudenza, resta chiaro il suo valore indiziario: più si offre gioco, più si gioca. Più sono i giocatori, più alto il numero di persone potenzialmente a rischio di diventare giocatori problematici.