Il gioco d’azzardo costa al Trentino 570 milioni di euro
(Articolo di Luca Marognoli tratto dal sito http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2014/03/06/news/il-gioco-d-azzardo-costa-al-trentino-570-milioni-di-euro-1.8793755 del 06 marzo 2014)
Lo studio condotto dall’Ama evidenzia cifre spaventose. Salite a quota 15 mila le persone dipendenti o a rischio
TRENTO. Un conto salatissimo: il gioco d’azzardo costa al Trentino 570 milioni di euro. Avete capito bene. Parliamo di una cifra che, per avere un termine di paragone, da sola equivale alla metà del budget provinciale per la sanità (1 miliardo e 100 milioni), oppure a un ottavo del bilancio totale di Piazza Dante (4,5 miliardi). Va subito chiarito che si tratta di una stima e in quanto tale va presa con il beneficio d’inventario. Ma è più probabile che la cifra sia approssimata per difetto.
Ad effettuare il calcolo è stata l’Associazione Ama, Auto mutuo aiuto di Trento, in prima linea nella lotta al gioco d’azzardo patologico. Il risultato è il prodotto di una semplice moltiplicazione: 15 mila persone vittime della dipendenza o a rischio di diventarlo per 38 mila euro, il costo annuo per la collettività di ciascuna di esse. Quest’ultima cifra deriva da una ricerca condotta in Germania dal professor Tilman Becker, basata sugli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità. «La situazione tedesca è paragonabile alla nostra perché il sistema sanitario e di welfare sono analoghi, sia per quanto riguarda i costi che l’organizzazione», spiega Miriam Vanzetta, dell’Ama. «In particolare i costi diretti sono stimati in 18.095 euro per giocatore e sono quelli legati a ricoveri, trattamenti ambulatoriali, procedure di divorzio, crimini legati al gioco d’azzardo. I costi indiretti, invece, ammontano a 20.714 euro: in questa classe troviamo la perdita del posto di lavoro, l’assenteismo e il calo di produttività».
Delle 15 mila persone considerate, 7.500 rientrano nella categoria dei giocatori patologici, altrettante sono considerate a rischio basso di sviluppare la patologia. «In realtà la letteratura ci dice che queste due categorie sono assimilabili perché il passo da una all’altra, come dimostrano diverse ricerche, è abbastanza breve», precisa Vanzetta. Si tratta comunque di numeri “ufficiali”, forniti «dall’unica ricerca riconosciuta a livello internazionale, che riguarda la fascia d’età 15-65: la “Ipsad” (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs) del Cnr».
A far ritenere che il fenomeno abbia un peso ben più ingente ci sono altri elementi. «Da tempo diciamo che sono interessate anche persone sopra i 64 anni, anche perché i giocatori spesso hanno molto tempo a disposizione, come i pensionati. Una recente ricerca condotta da Gruppo Abele, Libera e Auser nazionale, ha interessato il target 65-75 anni e ha concluso che un anziano su tre è giocatore patologico o sulla strada per diventarlo».
I ricercatori hanno anche evidenziato come l’Inps permetta di effettuare la cessione del quinto, anche sulle pensioni più basse, per accedere a finanziarie e rateizzazioni. Un sistema che rischia di invogliare gli anziani ad indebitarsi: «Proprio per questo le associazioni che hanno condotto la ricerca chiedono più cautela nel concedere questi cessioni, perché non sono affatto una tutela per il cittadino».
Oltre mezzo miliardo di costi è una cifra enorme, che può apparire spropositata. «I 570 milioni – precisa Miriam Vanzetta – sono il costo potenziale annuo. É una cifra che, però, dà l’idea di quanto sia importante l’impatto sociale del fenomeno. Pensiamo al giocatore che si è venduta la casa, o ha perso il lavoro, o compiuto un furto per procurarsi il denaro per le slot». Non solo: «Un’ulteriore ricerca – conclude l’esperta – dice che il giocatore ricorre molto più frequentemente alle cure del medico di base».