Bugie e capitali dilapidati Il dramma dei familiari
(Articolo di M.TR tratto dal sito www.larena.it del 29 novembre 2013)
Accanto al dramma vissuto da chi entra nel vortice del gioco d’azzardo, c’è quello delle persone che gli sono vicine. Genitori, mogli o mariti, figli, che da un giorno all’altro si ritrovano catapultati in un incubo da cui non sanno come uscire: il Sert del Dipartimento dipendenze dell’Ulss 20 fornisce assistenza anche a loro. Emma e Loris, entrambi settantenni, un anno fa hanno scoperto che il figlio di 38 anni aveva problemi con il gioco d’azzardo. «Ci siamo accorti di questo consumo spropositato di denaro: Stefano (nome di fantasia) gestiva un’attività imprenditoriale con dei soci e, sperando di superare alcune difficoltà economiche, aveva iniziato a giocare», raccontano i due genitori. «Ha contratto dei debiti con gli strozzini che lo minacciavano e ha perso la testa: non dormiva più di notte, la fidanzata lo ha lasciato, ha iniziato a bere». Quando è scoppiato e ha confessato tutto ai genitori, è iniziato il percorso di recupero. «È tornato a vivere con noi, gli abbiamo ritirato le carte di credito e i bancomat e l’abbiamo aiutato a saldare i debiti», rivelano Emma e Loris. «Dopo una vita di lavoro, il gruzzoletto che avevamo accantonato è svanito nel nulla e abbiamo dovuto rimetterci a lavorare, ma almeno i debiti sono ripagati e nostro figlio ha ricominciato a dormire e a essere più sereno». Daniela ha 52 anni e scoprire che il marito soffriva di ludopatia è stato per lei un fulmine a ciel sereno. «In passato aveva sempre giocato le schedine, ma il vero problema sono state le lotterie istantanee, i gratta e vinci: un giorno ha vinto 90 mila euro al Superenalotto e da allora ha iniziato a dire che bisognava battere il ferro, finché era caldo», racconta Daniela. «Di nascosto ha cominciato a tenere per sé gli incassi dell’azienda per cui lavorava, finché il titolare non se n’è accorto e ha minacciato di denunciarlo e licenziarlo: così è stato costretto a confessarmi tutto. Siamo riusciti a ottenere dal capo un’altra opportunità, con la condizione ovviamente che il fatto non si ripetesse, ma dopo qualche tempo mio marito ha sottratto altri soldi e così ha perso il lavoro». Da allora è iniziato il calvario di Daniela. «Per quattro mesi è rimasto senza uno stipendio e abbiamo dovuto affrontare problemi grossi: ha rischiato anche di arrivare al suicidio», racconta la donna. «Per saldare i debiti ho dovuto vendere tutto l’oro che avevo: l’ho fatto volentieri, anche se un po’ mi è dispiaciuto, perché aveva un valore affettivo». Ora finalmente il peggio sembra passato. «Abbiamo iniziato ad affrontare insieme il problema con il supporto del Sert», conclude Daniela. «Adesso ha un nuovo lavoro, ma ciò che è successo è difficile da cancellare. Ci si sente sempre segnati, non si torna più come prima»..