Palazzo della Gran Guardia, Auditorium
(accessibile dalla rampa laterale)
Sabato 4 novembre 2017, ore 20.30
Ingresso libero
Cantando la storia. Grande Guerra 1915-1918
Dal monte Cauriol a Caporetto, dal monte Canino al Piave, tra crepacci in alta montagna e buche carsiche, tra freddo e arsura saranno cantati dagli alpini del coro nazionale Brigata Alpina Julia Congedati e dal coro del gruppo Alpini di Borgo Venezia.
Durante la serata il conflitto mondiale sarà raccontato anno per anno, attraverso le canzoni storiche, ora divenute inni del corpo degli Alpini ora prese a prestito e riadattate da testi di tradizione più antica. Il coro veronese aprirà le pagine del 1915, anno di ingresso dell’Italia in guerra, con «Il testamento del capitano», di epoca cinquecentesca, ripreso nel primo conflitto mondiale per cantare del soldato morente che abbozza la sua scaletta di valori nella suddivisione del suo corpo: una parte sia data alla Patria, per la quale è caduto, una al battaglione col quale ha convissuto nell’inferno della trincea, una alla madre che ricordi il suo figliolo e una alla «sua bella» che ricordi il primo amore.
Seguirà «Sul cappello», canzone simbolo delle penne nere.
Il 1916 si accende con gli aspri combattimenti in Val d’Adige e sugli Altipiani vicentini, per la Strafexpedition, e sulle Dolomiti, e passerà sabato per i canti «Monte Cauriol» e «Bombardano Cortina», a ricordare quei «fiori gettati» nella notte dell’11 luglio 1916, alle 3,30, sulle teste degli austriaci, a Castelletto: tra le più ardite azioni del battaglione Belluno, eroica, ma pagata a duro prezzo di vite.Poi il 1917, l’anno terribile, nel quale il coro si addentrerà tramite «Ta-Pum», l’onomatopea dello scoppio, e «La Tradotta», di ottocentesca memoria che ricorda lo scavo del traforo del San Gottardo, ma poi riadattata per i militari che salivano sul trenoda Torino verso il Piave «cimitero della gioventù».
Infine, il 1918 e l’agognato armistizio di Villa Giusti dei primi di novembre, che gli Alpini canteranno con «Va l’Alpin» e «La leggenda del Piave», chiudendo con «Benia Calastoria» di Bepi De Marzi, una storia per tanti soldati: Benia sottratto alla vita dei campi, mandato in trincea, torna salvo dalla guerra e trova la sua valle in miseria, una nazione allo sfacelo; poi migrante, minatore in Belgio, dimenticato, vecchio e malandato, ritornerà, infine, nella sua valle senza quasi riconoscerla. Il coro di Borgo Venezia lascerà poi il passo alla Brigata Julia che proporrà un repertorio da «Addio, mia bell a addio» a «Monte Canino», fino all’emozionante «Stelutis alpinis». I cori chiuderanno con il vibrante «Signore delle cime» di Bepi De Marzi. «Ricorderemo i momenti bellici e i luoghi che hanno reso famoso il corpo degli alpini e la sua abnegazione», spiega Enrico Zantedeschi, capogruppo degli Alpini di Borgo Venezia. «Per noi queste canzoni dicono tanto, dicono tutto. Abbiamo organizzato la serata per far capire ai veronesi e agli italiani che il ricordo della nostra storia è fondamentale. La memoria è necessaria per il futuro. Una nazione senza eroi è destinata al fallimento. E ricordare i morti aiuta i vivi. Non lo si fa per celebrare momenti bellici, ma per studiare la storia e renderne evidenti gli errori; per spiegare ai giovani di non ripeterli più e per avere la pace». E non più in quella guerra impensabile, di cui oggi restano i segni sulle vette e nelle opere di ingegneria sovrumane: alcune rimaste, come le strade a strapiombo sui costoni di roccia; alcune scomparse, come i 12 chilometri di cunicoli intervallati da caverne adibite a dormitori, cucine, infermerie, sale radio, cappella, mense, scavati nel ventre del ghiacciaio della Marmolada che in alcuni punti superava i 50 metri di spessore.