Teatro Romano di Verona
6, 7 e 8 luglio 2017, ore 21.15
Richard II
di William Shakespeare
Personaggi e interpreti di RICHARD II
RE RICHARD II Maddalena Crippa
JOHN GAUNT Paolo Graziosi
HENRY BOLINGBROKE Alessandro Averone
THOMAS MOWBRAY Graziano Piazza
LA DUCHESSA DI GLOUCESTER Almerica Schiavo
IL LORD MARESCIALLO Luca Iervolino
IL DUCA DI AUMERLE Laurence Mazzoni
DUE ARALDI (Atto I) Marco De Gaudio e Giovanni Visentin
DUE ARALDI (Atto IV) Michele Maccaroni e Giovanni Longhin
SIR HENRY GREENE Michele Maccaroni
SIR WILLIAM BUSHY Giovanni Longhin
SIR JOHN BAGOT Domenico Macrì
DUCA DI YORK Gianluigi Fogacci
Conte di Northumberland Andrea Nicolini
LORD ROSS Marco De Gaudio
LORD WILLOUGHBY Giovanni Visentin
HENRY PERCY Vincenzo Giordano
IL CONTE DI SALISBURY Luca Iervolino
UN CAPITANO GALLESE Paolo Graziosi
IL VESCOVO DI CARLISLE Graziano Piazza
L’ABATE DI WESTMINSTER Paolo Graziosi
LA DUCHESSA DI YORK Almerica Schiavo
SIR PIERS EXTON Giovanni Visentin
UN ASSASSINO Luca Iervolino
UN ASSASSINO Michele Maccaroni
UN ASSASSINO Domenico Macrì
IL CARCERIERE DEL TOWER Giovanni Longhin
IL SERVO DEL DUCA DI YORK Domenico Macrì
traduzione di Alessandro Serpieri
riduzione e regia PETER STEIN
scene di Ferdinand Woegerbauer
costumi di Anna Maria Heinreich
luci di Roberto Innocenti
assistente alla regia: Carlo Bellamio
Applausi
Debutta a Verona, al Teatro Romano nell’ambito del 69° Festival shakespeariano, e ha tutti i requisiti dello spettacolo dell’anno. Grande evento di respiro europeo a firma di Peter Stein, uno dei più importanti registi che da decenni operano a livello internazionale, è prodotto dal Teatro Metastasio di Prato e dall’Estate Teatrale Veronese. Ed è pure attesissimo perché Stein, nato a Berlino nel 1937, andava dicendo da anni di volere affrontare questo testo. È Richard II di William Shakespeare in scena – in italiano anche se il titolo è in inglese – con protagonista Maddalena Crippa, un’attrice speciale (formatasi al Piccolo di Milano con Giorgio Strehler) chiamata a interpretare l’ultimo re del ramo principale dei Plantageneti: un re speciale dalle molte sfumature caratteriali, ora brutale e ora sottomesso a cui si addice molto il “femminile” anche per alcuni aspetti omosessuali del suo carattere. Peter Stein che aveva apprezzato un Richard II del 1995 a firma di Deborah Warner interpretato da una donna, Fiona Shaw, nota al grande pubblico cinematografico come la zia Petunia di Harry Potter, ha studiato a lungo quest’opera di Shakespeare sviscerandone i conflitti tra gli esseri umani nell’ambito del potere politico. Giunto il momento di metterla in scena, ha affidato il ruolo di Riccardo a Maddalena Crippa.
Non a caso. Per la maturità artistica dell’attrice e perché, in quanto moglie, condivide con lui da molti anni l’altra “faccia della vita”, quella extrateatrale che di sicuro incide positivamente sulla rispettiva attività di regista e di attrice: è la vita in un antico borgo in provincia di Terni da loro ristrutturato dove producono olio d’oliva (che tra l’altro ha vinto dei premi per la sua qualità) e dove il contatto quotidiano con i contadini è una ricchezza immensa per gente di teatro quasi sempre “staccata dalla realtà”. Una “concretezza” che sicuramente può accentuare la rappresentazione del carattere inconsueto di Riccardo II: soprattutto nei momenti clou come il commovente monologo finale dove parla dell’inutilità e della mancanza di senso dell’esistenza umana. Nell’ottica che la concretezza della terra può aiutare, chi è recettivo, ad elevarsi fino al cielo, Peter Stein ha voluto preparare questo spettacolo nella sua casa nella campagna umbra dove ha convocato tutti gli attori per quasi un mese. Qui, rispettando i ritmi della natura, testo e personaggi sono stati studiati, sviscerati, analizzati nei dettagli: un lavoro collettivo che ha permesso a Stein di individuare la chiave di lettura per questo attesissimo Richard II.
Galleria fotografica
Richard II (finora rappresentato solo tre volte nell’ambito del Festival Shakespeariano) mancava da dieci anni dal cartellone del Teatro Romano. L’ultima edizione, quella del 2007, fu del Berliner Ensemble (la compagnia fondata da Bertolt Brecht) con la regia di Claus Peymann.
«Richard II – dice Peter Stein – occupa un posto particolare nell’opera di Shakespeare, anche fra le sue tragedie dedicate ai re. Il dramma tratta esclusivamente della deposizione di un re legittimo, un tema politico eminente che facilmente si può traslare ai nostri tempi: è possibile deporre un sovrano legittimo? Il nuovo re non è un usurpatore? Una tale deposizione non è simile all’assassinio di ogni ordine tradizionale? Durante il suo regno – prosegue Stein – Riccardo II ha messo contro di sé tutte le forze sociali: egli ha sfruttato il proprio potere in tutte le direzioni immaginabili, ha sconfinato le proprie competenze e si è preso ogni libertà, anche sessuale. È un giocatore, un attore, ma pur sempre un re che anche dopo la sua deposizione rimane un re. Mentre il suo rivale che prende il suo posto sul trono come usurpatore, genera esattamente lo stesso meccanismo di ostilità contro il suo potere, poiché tale potere si basa sul puro arbitrio. Riccardo, che nella sua esaltazione va oltre il proprio tempo, poiché la monarchia assoluta si sarebbe sviluppata molto più tardi, può essere interpretato da una donna che recita la parte maschile. In questo modo – conclude Stein – diventa ancora più chiaro il carattere inconsueto di questo re e gli aspetti fondamentali della discussione politica risultano più evidenti».
Ingresso gratuito per spettatori con disabilità e loro accompagnatori limitatamente ai posti disponibili.
Venerdì 7 luglio ore 17.30 alla Bibioteca Civica di Verona incontro con il regista Peter Stein, la protagonista Maddalena Crippa e gli altri attori del cast.
Ingresso libero
PETER STEIN (1937) – È annoverato tra i più importanti registi del teatro tedesco ed europeo della seconda metà del Novecento, in particolare per il suo grande impeto creativo iniziato nel 1970 quando fonda il collettivo teatrale della Schaubühne am Halleschen di Berlino Ovest con cui realizza progetti monumentali spesso in spazi inconsueti. Tra le opere più significative di quel periodo Peer Gynt di Henrik Ibsen (1971), Il principe di Homburg di Heinrich von Kleist (1972), I villeggianti di Maxim Gorky (1974), Come vi piace di William Shakespeare (1977) e Orestea di Eschilo (1980) poi riallestita trionfalmente in lingua russa a Mosca nel 1994 con la Compagnia dell’Armata Rossa.
Dopo Roberto Zucco di Bernard-Marie Koltès (1990) e dopo diverse regie di opere verdiane, dal 1992 al 1997 dirige la sezione prosa del Festival di Salisburgo dove mette in scena grandi spettacoli shakespeariani. Del 2000 una della sue più celebri regie, quella di Faust I & II, messinscena integrale del testo di Goethe in sette giornate all’Expo di Hannover.
MADDALENA CRIPPA (1957) – Formatasi al Piccolo di Milano, è la protagonista di numerosi allestimenti teatrali firmati da Giorgio Strehler e successivamente da Peter Stein. Attenta interprete di ruoli femminili tragici e classici, ha condotto studi e ricerche sull’emissione vocale cimentandosi anche col canto. Al Teatro Romano è Desdemona nel 1988 nell’Otello di Shakespeare con la regia di Giancarlo Sbragia. Vi torna nel 2005 come protagonista della Donna vendicativa di Carlo Goldoni con la regia di Roberto De Simone.
PAOLO GRAZIOSI (1940) – Dopo avere esordito nel cinema nel 1962 col film Gli arcangeli di Enzo Battaglia, l’anno successivo viene notato da Franco Zeffirelli che lo dirige, in teatro, nel Romeo e Giulietta dove interpreta Mercuzio. Da quel momento la sua carriera si lega in maniera particolare al teatro, senza mai però abbandonare del tutto il cinema e la televisione. Tra le sue molteplici rappresentazioni teatrali, campeggia quella della Lezione di Eugène Ionesco. Ultimamente ha preso parte al riallestimento di Der Park con la regia di Peter Stein.
GRAZIANO PIAZZA (1964) – Ancora liceale, viene scelto da Ugo Gregoretti per lo sceneggiato televisivo Il Conte di Carmagnola interpretato da Vittorio Gassman. Dopo avere lavorato al Teatro Stabile di Torino, nel 1987 entra nella compagnia di Giancarlo Sepe. Negli anni successivi lavora con registi celebri, in particolare con Peter Stein, Luca Ronconi e Benno Besson. Come regista s’interessa principalmente alla drammaturgia contemporanea mettendo in scena, tra gli altri, autori come Jane Cox (Il desiderio di conoscere), Copi (La donna seduta) e Theo Van Gogh (Intervista).
ALESSANDRO AVERONE (1978) – Diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, si forma con maestri come Katy Marchand del Living Theatre, Nicolai Karpov, il regista spagnolo Luis Pasqual e Geraldine Baron. Nel 2001 è tra gli interpreti dell’Avaro di Molière con la regia di Nicasio Anzelmo. L’anno successivo è Benvolio nel Romeo e Giulietta di Shakespeare con la regia di Maurizio Scaparro. Tra gli altri registi che l’hanno diretto, Massimo Monaci e Giuseppe Patroni Griffi.
[accordion title=”Rassegna stampa” id=”rii”]
Nella storia teatrale del Richard II di Shakespeare, l’esperimento di un’interpretazione al femminil
Francesca Saglimbeni
Nella storia teatrale del Richard II di Shakespeare, l’esperimento di un’interpretazione al femminile conosce già un precedente al Festival di Salisburgo del 1995, dove a indossarne l’armatura è la celebre attrice Fiona Show, diretta da Debora Warner. Il direttore artistico dell’epoca è Peter Stein, che, ispirato dalla performance austriaca, ne prospetta un «sequel» con l’ammirata moglie Maddalena Crippa. Alla quale, un ventennio dopo, affida il suo Riccardo II. «Ora anche lei ha gli strumenti per recitare questo ruolo molto complicato, che richiede un’emotività pazzesca», commenta il regista tedesco, il cui allestimento, prodotto dal Metastasio di Prato, sarà in scena al Teatro Romano in prima nazionale. Ma non aspettatevi un monarca inglese dalle languide movenze. Il Riccardo II della grintosa e passionale attrice brianzola, già protagonista di numerosi allestimenti firmati Giorgio Strehler, avrà uno sguardo di donna e l’anima di un vero re. Crippa, che impronta darà a questo Riccardo II? Esattamente quella che Shakespeare ha scritto per lui. Non si può caratterizzare un personaggio abnorme come questo, che conosce i massimi vertici del potere e poi la caduta ai livelli più bassi. La parola shakesperiana è molto chiara, estremamente costruita, non si presta a interpretazioni attualizzanti. Fa riferimento a una società molto lontana, sia nel tempo che nei costumi. E come tale va accolta. Sarebbe un errore violarne l’autenticità, modificarne il contesto pensando di compiere una scelta innovativa. Interpretare un’opera di Shakespeare è come possedere una Ferrari: devi imparare a guidarla. Ogni suo testo offre un materiale linguistico ricco e complesso, che una volta nelle “tue mani”, rivela una bellezza sorprendente. Questa «fedeltà» le avrà richiesto un grande impegno di immedesimazione. Il vero impegno sta nel mantenere questo doppio binario che implica, da un lato, il rispetto assoluto del linguaggio, dall’altro, una grande flessibilità emotiva. Quella, cioè, che consente di essere pienamente coinvolti nel personaggio e far proprie tutte le sue sfumature intimistiche. In pratica, di andare oltre la recita. Per questo non replicherò mai lo stesso Riccardo II. La sfida di ogni rappresentazione sarà quella di sentirlo, viverlo ogni sera, nella sua realistica dimensione umana, fatta di sofferenza, lacrime, delusioni. C’è un momento in cui il pathos raggiungerà l’apice? L’intera opera è venata di pathos. Ma il cuore del dramma è il quarto atto, la scena della deposizione della corona. Re Riccardo è solo difronte al Parlamento, dove subisce la spogliazione totale del suo essere re. Un momento di grande tensione drammaturgica, in cui vedrete il vero teatro. Mi spiego: oggi si tende a rapinare i testi della loro classicità, per piegarli ad adattamenti che spesso ne scalfiscono la bellezza. Si sfrutta la fama di un autore o un titolo, per farne – così si crede – qualcosa di nuovo. Per Shakespeare questo non funziona. La sua massima resa sta nel rappresentarlo così come scritto e come questa regia, nella sua estrema chiarezza, intende fare. L’autore scrive una storia medievale per parlare alla gente del suo tempo. E gli spettatori sono invitati a viverla come un affascinante viaggio nel passato. Le prove dello spettacolo si sono svolte nella vostra tenuta umbra. Quale valore aggiunto ha portato alla vostra interpretazione?Per diverse settimane, con gli altri 14 attori del cast, abbiamo condiviso gli stessi spazi, alcuni immersi nella natura, arricchendoci vicendevolmente sia sul piano artistico sia, e soprattutto, su quello umano. Si vive uno spirito di comunità al quale, chiusi come siamo nei nostri appartamenti di città, non siamo più abituati. Un’esperienza che nutre l’affetto tra gli interpreti e imprime alle relazioni umane una forza che poi traspare anche sul palco. D’altra parte, la missione del teatro è anche questa: portare in scena la nostra umanità. E quell’unità tra uomini e donne che la società reale spesso smarrisce.
L’APPUNTAMENTO. Presentata in Comune l’attesa prima nazionale di stasera dal classico di William Shakespeare
«Riccardo II al Romano?
Una bellissima sfida»
Enrico Giardini
Peter Stein: «Riporteremo al centro della scena il peso delle parole» Così Savorelli: «Il tema del potere è da sempre centrale per il teatro»
Un viaggio nell’animo delle persone nell’ambito del potere politico e della regalità. Una storia di conflitti, legati a questo particolare aspetto della vita, il potere appunto. Una storia medievale, ma con tanti elementi di attualità, come solo il teatro sa proporre. È possibile deporre un re, un sovrano legittimo? E il nuovo re non è un usurpatore? Sono domande che nascono nel Riccardo II, di William Shakespeare, in scena oggi, alle 21.15, al Teatro Romano, in prima nazionale. Con la regia di Peter Stein e l’attrice Maddalena Crippa nel ruolo di Richard II, l’ultimo re del ramo principale dei Plantageneti. Prodotto dal Teatro Metastasio di Prato, in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese, lo spettacolo sarà replicato domani e sabato, alla stessa ora, e inaugura la sezione di prosa del 69° Festival shakespeariano, al Romano. Gli stessi Stein e la Crippa, marito e moglie – vivono in Umbria, in un borgo in provincia di Terni – con altri attori e produttori, hanno presentato l’evento in municipio, nella sala Arazzi. Presenti il sindaco Federico Sboarina, il direttore dell’Estate Teatrale Veronese Gianpaolo Savorelli, e quello del Teatro Metastasio, Franco D’Ippolito. Sboarina, neosindaco, si è detto «onorato di presentare, fra i primi appuntamenti istituzionali nell’ambito della cultura, l’evento di apertura dell’edizione 2017 del Festival Shakesperiano. Uno spettacolo d’alto livello, con uno dei più importanti registi europei del nostro tempo». Alla sua prima conferenza stampa per lanciare una rassegna culturale, Sboarina ha colto l’occasione per sottolineare che la cultura e l’arte sono per lui «il perno fondamentale sui cui costruire la crescita umana e sociale di una collettività. Una base necessaria dalla quale ripartire per ridare il giusto valore alla nostra città e, in particolare, alla sua straordinaria e variegata offerta artistica». CONTINUITÀ. Il Richard II – finora rappresentato solo tre volte nell’ambito del Festival Shakespeariano – mancava da dieci anni dal cartellone del Teatro Romano. L’ultima edizione, del 2007, fu del Berliner Ensemble, la compagnia fondata da Bertold Brecht, con la regia di Claus Peymann. Le altre due precedenti edizioni sono del 1966 – regia di Gianfranco De Bosio, protagonista Glauco Mauri – e del 1996, con protagonista e regista Gabriele Lavia. «Richard II, per le tematiche che affronta», spiega il direttore dell’Estate Teatrale Savorelli, «si ricollega all’ultimo spettacolo in cartellone, Sette contro Tebe, di Eschilo: in entrambi emergono i problemi del potere, del suo raggiungimento, della sua conservazione, dei suoi eccessi. Questioni eterne che il teatro, dall’antica Grecia a oggi passando per Shakespeare, sente il bisogno di trattare».LA SFIDA ARTISTICA. Esprime soddisfazione il regista Peter Stein, dopo aver avuto il suo da fare, come riferisce, per adattare l’opera al Teatro Romano, «un luogo complesso dal punto di vista scenico, acustico, con un fiume Adige che si fa sentire!, e anche teatrale», spiega. «È un palcoscenico che ha rappresentato una sfida interessante nel percorso di costruzione di una regia in grado di catturare il pubblico e riportare al centro della scena il testo drammaturgico e il peso delle sue parole».Maddalena Crippa – attrice formatasi al Piccolo di Milano, con Giorgio Strehler – coglie l’occasione per esaltare la valenza culturale e sociale del teatro. «Noi siamo teatranti, una categoria a volte bistrattata. Abbiamo lavorato insieme, come una comunità, per poter trasmettere emozioni a un’altra comunità, il pubblico. Lì, a teatro, senza telefonini, ma solo con la parola del testo». Sul palco, ad accompagnare l’inconsueta interpretazione in chiave femminile della Crippa, un cast di attori di calibro tra i quali Paolo Graziosi (John Gaunt), Alessandro Averone (Henry Bolingbroke) e Gianluigi Fogacci (Duca di York).LAVIA. E oggi, alle 21, prima dello spettacolo, il sindaco Sboarina consegnerà a Gabriele Lavia il 60° Premio «Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa».
TEATRO ROMANO. Alla «prima» grande attenzione agli spazi da parte del regista Stein
Riccardo II, la sfida è vinta
Il potere prende la parola
Simone Azzoni
Il concertato di gesti e suoni insegue per le tre ore di spettacolo, la propria verità. In un tempo medievale Il teatro è sempre e solo luogo dove vedere la verità
Riportare la parola al centro della scena. Peter Stein, regista del Riccardo II, ci aveva avvertiti. Conosciamo l’attenzione del regista berlinese per gli spazi. Ricordiamo il suo La madre, il Peer Gym, le Tre Sorelle o il capolavoro Orestea. Qui nessun abbraccio con il pubblico, nessuna protesi stanislavskiana ad inghiottire platea o gradinata, nessuna contaminazione degli spazi. I numerosi spettatori della “prima” assistono frontalmente allo stagliarsi della parola pura su una scenografia che allude a Quadrato nero in campo bianco di Malevich. Il movimento casomai è lì, in quel buco scuro che assorbe la partita a scacchi del potere. Oppure in quelle lunghe pause “al buio” che interrompono pericolosamente il ritmo tra un quadro e l’altro. Sulla scena si respira un grigiore da Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi. Alfieri e cavalieri si lanciano guanti di sfida, rumoreggiano con gli acciai delle spade lungo traiettorie per formare quadrati e triangoli: il potere è un fitto reticolo di trame lineari e pulite. Il concertato di gesti e suoni (il fastidioso gong) insegue per le tre ore di spettacolo, la propria verità. In un tempo medievale. Non solo i costumi, ma pure quella allusione alla pittura di Pisanello, ci ancorano nell’epoca in cui il potere era per volontà divina e del popolo. Il dramma di Richard è tutto lì: accettare la modernità, quella che nel secondo atto è nelle mani del nuovo re Henry Bolingbroke (un fresco e carismatico Alessandro Averone). Ma il potere per Stein è un fatto personale. È la straordinaria umanità di Maddalena Crippa, più che il suo essere donna, a dirci la possibilità di costruire personaggi quotidiani. La sua parola è la sola possibilità di costruire il suo Richard. Stein viene dalla Schaubühne berlinese. Esperienza lontana, ma risentiamo in questo suo Shakespeare la scultura delle emozioni che scavalca le epoche. Sentiamo la contraddizione tra il gioco del teatro e la sua verità. Al primo appartengono scelte che ci lasciano perplessi: quelle luci colorate che ci ricordano il teatro futurista di Prampolini, o quella macchina da fumo che circonda un tatami alla Peter Brook, o ancora quel sali e scendi per sottolineare la metafora del potere. Il teatro è sempre e solo il luogo dove vedere la verità, non servono fronzoli. A questa sobrietà si piega un buon cast in cui eccellono Paolo Graziosi nel ruolo di John Gaunt e Graziano Piazza in quello di Thomas Mowbray. Si replica fino a sabato alle 21 e 15. Oggi alle ore 17 e 30 in Biblioteca civica gli attori incontrano il pubblico. Conduce Silvia Bigliacci.
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