Il quartetto formato da Giuliana Bergamaschi (voce), Federico Mosconi (chitarra), Luca Pighi (batteria) e Paola Zannoni (violoncello) ha emozionato e entusiasmato i presenti a Casa disMappa con un concerto/showcase dedicato a Fabrizio De André.
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Recensione di Beppe Montresor
Lo scorso 7 maggio abbiamo assistito ad un house concert ‘fantastico’ – scusate ma è l’aggettivo che immediatamente ci è venuto a mente – del quartetto formato da Giuliana Bergamaschi (voce), Federico Mosconi (chitarra), Paola Zannoni (violoncello) e Luca Pighi (batteria). Il ‘salotto’ scelto per l’occasione era quello di Casa Dismappa, alias Nicoletta Ferrari, uno spazio nato appositamente per accogliere e ospitare persone con disabilità motorie, in pieno centro a Verona in Corso Portoni Borsari. Una sorta di showcase scelto dal quartetto non solo per allietare gli amici ma anche per far conoscere agli addetti ai lavori, che per qualche motivo ancora non hanno avuto ancora il piacere di conoscerlo, la cristallina bellezza del repertorio in questione, interamente dedicato a brani di Fabrizio De André. Una premessa che dobbiamo fare: consideriamo quella di Fabrizio De André la voce più alta della canzone d’autore italiana e probabilmente tra le più alte anche a livello mondiale. Non vogliamo lanciare confronti sempre impossibili, ma la pulizia vocale, il fraseggio apparentemente piano ma capace di infondere incredibile forza e autorevolezza ad ogni parola pronunciata, il gusto melodico e degli arrangiamenti, ci sembrano elementi tutti compresenti nel canto di De André, addirittura in maggior misura rispetto ad alcuni dei suoi celebrati maestri. C’è chi sostiene che Fabrizio, nella gran parte della sua produzione, è stato via via aiutato da diversi musicisti e autori, e probabilmente è vero. Ma alla fine di tutto il processo creativo magari condiviso con altri, c’erano sempre le sue scelte, nella definizione e nell’interpretazione del pezzo, a renderlo unico e inimitabile. Insomma, per reinterpretare senza rovinare De André occorrono sensibilità particolare nell’approccio mentale e tecnico delle canzoni, lunghe assimilazioni del repertorio selezionato alfine di trovare il giusto equilibrio tra la bellezza degli originali (anche quantitativamente, per noi, nessuno come lui: i pezzi poco riusciti in tutta la discografia di Fabrizio si contano probabilmente su una mano, anche in virtù del suo proverbiale ma riconosciuto perfezionismo) e voglia, comunque, di elaborarne con rispetto riarrangiamenti che non risultino goffi, pretenziosi, o invece troppo scontati. Beh, in tanti anni abbiamo ascoltato molte riproposizioni del materiale di ‘Faber’, alcune anche molto belle e interessanti (così a memoria ricordiamo con piacere album delle sarde Andhira nonché del ‘vituperato’ Morgan), ma forse niente così armoniosamente gratificante come quella ascoltata a Casa Dismappa. Giuliana Bergamaschi è voce meravigliosa di donna senza rivali su questo repertorio, sia per motivi di talento naturale ma soprattutto perché, probabilmente, ha ascoltato e continuato a cantare De André da quando era bambina, e ne restituisce ogni sillaba come fosse un puro distillato, corposo, pregnante e delizioso contemporaneamente. Lo può fare, naturalmente, perché sostenuta da uguale delicatezza e gusto (e in primis naturalmente dalla maestrìa tecnica)dei tre strumentisti del gruppo, con i quali l’ormai lunga collaborazione ha fatto fiorire l’intesa, negli intenti e nella loro realizzazione in tutto il suo splendore. Tutta incantevole la scaletta, con brividi al massimo, personalmente, per “Leggenda di Natale”, “Geordie”, “Megu Megùn”, “Il suonatore Jones”, e “Canzone dell’amore perduto”, una di quelle cose che vorresti non finissero mai.
(fonte ildiapasonblog)