Teatro Nuovo di Verona
Rassegna Il Grande Teatro
17-18-19-20-21 gennaio 2017, ore 20.45; 22 gennaio ore 16.00
Incontro con gli attori (ingresso libero) Giovedì 19 dicembre, ore 17.00
Compagnia Mauri Sturno / Teatro della Toscana
EDIPO EDIPO RE/EDIPO A COLONO
di Sofocle
con: Glauco Mauri e Roberto Sturno
e con: Ivan Alovisio, Elena Arvigo, Laura Garofoli, Mauro Mandolini, Roberto Manzi, Giuliano Scarpinato
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Musiche: Germano Mazzocchetti
Regia: Andrea Baracco (Edipo re) – Glauco Mauri (Edipo a Colono)
Durata: 2h 45′ con intervallo
A distanza di vent’anni la Compagnia Mauri Sturno ritorna a mettere in scena i due capolavori di Sofocle, per analizzare più compiutamente il mito immortale di Edipo, affidando la regia a due diversi registi: Glauco Mauri, per Edipo a Colono, e Andrea Baracco per Edipo Re. Due registi, due generazioni a confronto, esempio di collaborazione e di continuità, oltre che condizione indispensabile per il futuro del teatro. “Edipo re e Edipo a Colono sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uomo, per gli interrogativi che pongono alla mente e per la ricchezza di umanità e di poesia che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’UOMO, perché racchiude in sé tutta la storia del suo vivere. Edipo Re e Edipo a Colono sono due opere scritte in epoche diverse della vita di Sofocle ed è nell’accostamento di questi due grandi testi che poeticamente si esprime e compiutamente si racconta la “favola” di Edipo alla ricerca della verità.
Alla fine del suo lungo cammino Edipo comprende se stesso, la luce e le tenebre che sono dentro di lui, ma afferma anche il diritto alla libera responsabilità del suo agire. Edipo è pronto ad accettare tutto quello che deve accadere ed è
pronto a essere distrutto purché sia fatta luce. Solo nell’interrogarci comincia la dignità di essere uomini. E’ questo che Sofocle con la sua opera immortale dice a tutti noi.
Convinti che il Teatro sia un’arte che può e deve servire “all’arte del vivere” affrontiamo queste due opere classiche per trovare nelle radici del nostro passato il nutrimento per comprendere il nostro presente, questo è il nostro impegno e il nostro desiderio.”
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TEATRO NUOVO. Ieri sera la «prima» dello spettacolo che andrà in scena fino a domenica
L’Edipo di Mauri scava
un solco tra due generazioni
Simone Azzoni
Due regie a confronto per un drammatico percorso di liberazione
Se confronto doveva essere al confronto non si è sottratto il doppio Edipo in scena fino a domenica al Teatro Nuovo. Due regie, due estetiche, due modi di intendere la tragedia di Sofocle.Il primo Edipo, quello re, è firmato da Andrea Baracco, regista tra l’altro di un Giulio Cesare, di un Amleto e di una Romeo e Giulietta. Piglio contemporaneo il suo, quasi forzatamente. Atmosfera malata, marcia, appestata. Tebe è una città metallica ridotta ad un muro di container, o forse le mura di una Dite infernale che fa da sfondo per video proiezioni che ci ricordano certi quadri di Emilio Vedova. Davanti c’è una sorta di piscina che di probatico non ha nulla, anzi è la somma dei mali che affliggono il Paese. Tutti, tranne il lindo Creonte (Roberto Manzi) s’affannano e faticano entrando, infradiciandosi attraversando quella blade runner. E tutti si agitano con nevrotica mobilità, persino il coro. Mobili sono pure gli orpelli e le aggiunte (la carrozzina allude a Ismene e Antigone?), funzionali più al dinamismo della scena che alla drammaturgia. Parliamo dei bambolotti galleggianti nella piscina, lampade da «terzo grado», la pioggia vera che scende (sempre nella piscina) e i microfoni che vincolano la recitazione in alcuni punti (alla Roberto Latini). A questa agitazione risponde l’immobilità ieratica del Tiresia classico di Glauco Mauri che anche nel «secondo Edipo» reagisce alla nevrosi contemporanea con una regia che si fonda sul lavoro dell’attore e chiede a tutti uno sforzo immane. Nessun fronzolo, nessun compiacimento, solo minimalismo. Bianca la scena, spariti i costumi dell’attualità (Marta Crisolini Malatesta) sostituiti da tuniche. I cubi bianchi ci ricordano vagamente la versione dell’82, ma qui tolgono riferimenti di tempo e di luogo alla Tebe del primo atto. Un eden latteo, protetto dalle turbolenze esistenziali del primo Edipo. Anche qui la maturità richiesta agli interpreti (Ivan Alovisio, Elena Arvigo, Laura Garofoli, Giuliano Scarpinato e Mauro Mandolini) emerge in tutta la sua necessità, coro, nunzio o Giocasta che erano. Loro dovrebbero guidare Edipo nel drammatico e doloroso percorso, psicologico e fisico, di liberazione e luce. Roberto Sturno generosissimo, è un Edipo tormentato da scariche di paure. Ha note calde, passionali che nel cast che lo circonda non trovano sempre corrispondenza, ma toni a volte troppo alti e impersonali. Crediamo a Mauri quando ci racconta che questo Edipo ha fatto discutere anche dopo le due ore e 45. È un fossato lo scarto tra le due regie: la prima s’affanna alla ricerca di un figurativo, ama la rappresentazione e la sua macchina e aggiunge. La seconda pulita come una gipsoteca del Canova ha il coraggio di questo giovane ottantaseienne, seduto come un dio sul suo trono, sicuro che il teatro è soprattutto dire.
GRANDE TEATRO. Oggi al Nuovo alle 20.45 la prima. Ultima replica domenica pomeriggio
Edipo e il tormento dell’anima
che narra la storia dell’uomo
Sintesi delle due tragedie di Sofocle, con la regia di Andrea Baracco e del protagonista Glauco Mauri
Il Grande Teatro (rassegna organizzata dal Comune di Verona e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale) stasera alle 20.45 al Teatro Nuovo offre Glauco Mauri e Roberto Sturno protagonisti di «Edipo», sintesi delle due tragedie «Edipo re» (regia di Andrea Baracco) e «Edipo a Colono» (regia dello stesso Mauri) di Sofocle. A distanza di vent’anni la Compagnia Mauri Sturno rimette in scena (insieme alla Fondazione Teatro della Toscana) i due capolavori di Sofocle (496 – 406 a.C.) che hanno per protagonista Edipo. Del tragediografo, poeta, musicista, attore e politico ateniese (più giovane di Eschilo che era nato ventinove anni prima, più anziano di Euripide che era nato nel 485) sono giunte a noi sette tragedie scritte nell’arco di quarant’anni. In Sofocle – molto apprezzato da Aristotele che prese l’Edipo re a modello della tragedia perfetta – si contemperano la consapevolezza dell’infelicità umana e il senso della dignità della sofferenza. Edipo, con Sofocle, va oltre i suoi immensi valori letterari ed è divenuto una delle chiavi della scoperta delle forze inconsce della psiche.«Edipo re e Edipo a Colono – spiegano Andrea Baracco e Glauco Mauri, che torna al Nuovo dove, insieme a Sturno, è stato tra i protagonisti per eccellenza delle scorse edizioni del Grande Teatro – sono due capolavori fondamentali nella storia dell’uomo per gli interrogativi che pongono e per la ricchezza di umanità e di poesia che ci donano. La storia di Edipo è la storia dell’uomo, perché racchiude in sé tutta la storia del suo vivere. «Edipo Re» e «Edipo a Colono» (rappresentata postuma nel 401) sono due opere scritte in epoche diverse della vita di Sofocle ed è nell’accostamento di questi due grandi testi che poeticamente si esprime e compiutamente si racconta la “favola” di Edipo alla ricerca della verità».Repliche tutte le sere fino a sabato 21 alle 20.45. Ultima replica domenica 22 alle 16. Giovedì 19, alle 17 al Teatro Nuovo, gli interpreti incontreranno il pubblico. Conduce l’incontro Enrico Pieruccini, l’ingresso è libero.
IL GRANDE TEATRO. Da martedì 17 a domenica 22 gennaio al Nuovo: «Perché i grandi testi vanno sempre ripresi»
«Edipo, il grido laico di un re in rivolta contro il suo destino»
Simone Azzoni
Glauco Mauri e Roberto Sturno in scena con due capolavori di Sofocle «Alla base del nostro sodalizio c’è amicizia vera, che è come l’amore»
Il Grande Teatro da martedì 17 fino a domenica 22 gennaio ospita Glauco Mauri e Roberto Sturno protagonisti di «Edipo re» (regia di Andrea Baracco) e «Edipo a Colono» (regia dello stesso Mauri) di Sofocle.A distanza di vent’anni la Compagnia Mauri Sturno rimette in scena (insieme alla Fondazione Teatro della Toscana) i due capolavori del drammaturgo Sofocle (496 – 406 a.C.) che hanno per protagonista Edipo.Mauri, ritornare a Sofocle per scoprire cosa?Io credo che i grandi testi vadano sempre ripresi. La mia «anzianità» è un arricchimento per i personaggi che interpreto. Sono più ricco di umanità e di esperienza, di colori che mi sono entrati nel cuore.È la quarta volta che lei porta in scena Edipo: cosa è cambiato?Nel 1972 fu una versione strana, con musiche addirittura dei Pink Floyd. In quelle del 1982 e dell 1994 Edipo piangeva sui suoi dolori. Adesso ha un grido disperato contro l’ingiustizia del destino che ha voluto che compisse cose orrende. Oggi c’è una asciuttezza discreta che prima non c’era. Edipo oggi è un uomo che lancia un grido di disapprovazione contro un destino che l’ha colpito.Il teatro è raramente collaborativo. Dal rapporto con la sua regia e quella di Andrea Baracco che confronto può emergere?Da oltre trentanni la regia è stata quasi sempre mia. Era giusto un confronto con un regista che non fosse della mia generazione. Una freschezza per me, più esperienza per lui. Un confronto nella libertà prima e nell’amicizia poi. Ed era giusto che Roberto Sturno interpretasse con un regista diverso da me. Ha funzionato. A Pontedera, per esempio, gli studenti, terminato lo spettacolo, ancora ne discutevano.Lei è Tiresia ed Edipo. Due cecità simboliche, no?Per Sofocle cecità è vedere le cose. L’enigma di Edipo è capire chi è e cosa vuole. In quello a Colono c’è l’uomo che dopo tanto soffrire trova finalmente una risposta alle sue cose, al suo problema, alza gli occhi e dice agli dei: «Io non sono colpevole: non sapevo che quell’uomo era mio padre, ho amato una donna ma non sapevo che fosse mia madre». L’uomo è responsabile solo delle azioni che lui vuole compiere. Ma Edipo è completo, Tiresia invece è solo un segmento…Edipo alza gli occhi e si prende il destino e si mette sulle spalle. Il suo è un grido di rivolta laico. L’uomo ha bisogno dunque del dolore per capire?Sì, il dolore ti porta a conoscere le cose. «Non essere mai, questa è la cosa più dolce. Ma appena si è nati, tornare là dove eravamo, nel nulla», dice Sofocle. Il suo approccio al personaggio è emotivo o razionale?Come diceva Beckett, la cosa che mi interessa è l’emozione. Se il pubblico si emoziona il personaggio arriva prima. Poi seziono con il bisturi della razionalità. Ma prima l’emozione, perché arriva a tutti.Brecht dice: «Tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere». Lei riesce a distinguere la sua vita da quello che vive a teatro? Sono tanti anni che ho a che fare con personaggi. Ho cercato di capire la solitudine di Vanja o la disperazione di Amleto. E ora mi sembra di avere vissuto non tra personaggi ma tra gli uomini. Recito dal primo gennaio del 1946. E sì, è vero: tutte le arti contribuiscono all’arte del vivere. Il teatro è un’arte che può e deve servire alla vita. Cosa c’è dunque ancora da scoprire nell’uomo?È una palla fatta di luce e di fango. Io amo l’uomo per la sua debolezza e per la sua capacità di essere cattivo e di avere gesti d’amore infinito; questo mistero difficile da sondare fino in fondo. Qual è la qualità più bella del lungo sodalizio che lei ha con Roberto Sturno?L’amicizia, che per me è la cosa più importante assieme a mia madre e al teatro. Una amicizia vera e profonda. Quando è tale, è come l’amore. Non pensate anche voi che sia così?
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La rassegna ha sottoscritto il manifesto dei teatri accessibili e ha aderito all’iniziativa Teatri 10 e lode promossa dall’Associazione disMappa: compatibilmente al numero dei posti riservati, disabile e accompagnatore potranno assistere a ogni spettacolo al prezzo speciale di 10 euro.
INFORMAZIONI tel. 0458006100 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it
e www.teatrostabileveneto.it
Vendita biglietti al Teatro Nuovo, tel. 0458006100.
Servizio biglietteria anche presso BOX OFFICE, via Pallone 16, tel. 0458011154.
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