Acat, oltre 450 ore dedicate alla lotta contro l’alcolismo
(Articolo di and.gilioli tratto dal sito http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2016/03/31/news/acat-oltre-450-ore-dedicate-alla-lotta-contro-l-alcolismo-1.13217977 del 31 marzo 2016)
Solidarietà, condivisione ed empatia: sono queste le tre armi con cui i “Club Alcolisti in Trattamento” combattono la dipendenza, da alcol ma anche da gioco e psicofarmaci, aiutandosi a vicenda e…
Solidarietà, condivisione ed empatia: sono queste le tre armi con cui i “Club Alcolisti in Trattamento” combattono la dipendenza, da alcol ma anche da gioco e psicofarmaci, aiutandosi a vicenda e collaborando, inoltre, con il Sert e altre associazioni. A Sassuolo l’Acat, presieduta da Mario Pifferi, alcolista per 20 anni e oggi “servitore insegnante” nei gruppi, coordina l’attività di 4 club, offrendo anche un servizio di punto informativo nella sede di piazza San Paolo.
«Il primo club sassolese – racconta Pifferi, che oggi sta vivendo sulla sua pelle le terribili conseguenze patologiche che l’abuso di alcol comporta – è nato nel ’92 e nel ’94 è nata l’Acat, che li coordina. Il percorso che si svolge nei club coinvolge a pieno le famiglie, che molto spesso sentono il problema molto di più dell’alcolista. Nei club ci si aiuta parlando, confrontandosi e raccontando se stessi e i propri problemi, perché il punto focale non è la dipendenza in sé (alcol, psicofarmaci, gioco compulsivo, disturbi alimentari). Molti dei partecipanti, infatti, hanno dipendenze diverse dall’alcolismo o sono seguiti dall’Ausl per problemi psicologici. Per questo negli incontri cerchiamo di andare al nocciolo del problema, analizzando le cause che hanno indotto una persona a rifugiarsi in atteggiamenti di dipendenza». I club si riuniscono una volta a settimana, coordinati da un “servitore insegnante”, che a volte è egli stesso un ex alcolista. Nel 2015 le ore di incontro sono state 450, con 31 famiglie partecipanti, e ben 40 sono state le richieste di informazioni. Diciassette le persone che dopo anni di frequenza hanno abbandonato il club, adottando un sano stile di vita. «Purtroppo – continua Pifferi – gli accessi sono in calo poiché la società considera normale il consumo di alcolici e quindi i soggetti dipendenti non si sentono tali fino a quando non si scontrano con le conseguenze più dure e non vedono via di scampo. A sostenere il nostro lavoro sono i fondi che arrivano da Regione e Comuni, ma sono pochi e a malapena riusciamo a tenere aperta la sede tre mattine a settimana».