Azzardo, se il gioco diventa patologia
(Articolo di Silvana Mazzocchi tratto dal sito http://www.repubblica.it/rubriche/passaparola/2016/02/02/news/gioco_d_azzardo-132558433/ del 02 febbraio 2016)
Un fenomeno in costante aumento, con molti possibili ricaschi sull’economia, la società, la salute, la legalità. Lo affronta l’economista Fabio La Rosa in un saggio interdisciplinare. “Le famiglie più povere spendono molto più di quanto possano permettersi”.
Il gioco d’azzardo non va mai in crisi e, negli ultimi cinque anni, ha avuto un incremento che sfiora il 90% anche se, paradossalmente, la crescita del settore, non è coincisa con l’impennata delle entrate erariali che sono invece diminuite. L’ultima radiografia di un fenomeno in continuo mutamento e in perenne ascesa nonostante l’alto rischio di ludopatia,( disturbo psicopatologico che induce una dipendenza simile a quella provocata dalla droga) è offerta da Il gioco d’azzardo in Italia. Contributi per un approccio interdisciplinare. Il libro (Franco Angeli editore), a cura di Fabio La Rosa, professore associato di economia aziendale presso l’Università di Enna “Kore”, è stato realizzato da un gruppo di ricerca sul tema istituito presso la stessa Università e formato da esperti provenienti anche da altri atenei. Per un anno, sedici saggi hanno analizzato e osservato il fenomeno attraverso una pluralità di letture e punti di vista: economico, aziendale, sociologico, psicologico e giuridico. E diversi piani d’indagine: le relazioni tra gioco d’azzardo e crisi economica, il mercato e i suoi costi sociali, le particolari tipologie di gioco. Il risultato ottenuto è la fotografia completa della crescente complessità del gioco d’azzardo, realtà di non facile controllo, con impatti talvolta imprevedibili su individuo, aziende, economia della nazione, criminalità organizzata e collettività.
Una parte dell’indagine è stata dedicata alla ludopatia, ovvero al disturbo psicopatologico riconosciuto dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-V-2013, che inquadra il gioco d’azzardo nell’ambito delle cosiddette “dipendenze comportamentali”. Difficile, se non impossibile, quantificare il fenomeno: secondo una stima azzardata nel 2009 riguardante i giocatori d’azzardo “problematici”, il loro numero varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale (da 767.000 a 2.296.000 italiani adulti), mentre il calcolo dei giocatori “patologici” (dipendenza) è calcolabile dallo 0,5% al 2,2% (da 302.000 a 1.329.00 italiani adulti). Un numero certamente cresciuto negli anni e che è ipotizzabile coinvolga ormai almeno due milioni di persone.
Il gioco d’azzardo è in continua evoluzione. Quali sono i dati più recenti del giro d’affari di quello legale e di quello illegale?
“L’analisi dei rapporti che intercorrono tra il gioco d’azzardo legale e la commissione di reati trae spunto dal modus operandi della criminalità organizzata e di come questa sfrutti il gioco d’azzardo legale come mezzo per riciclare denaro o concedere prestiti a tassi usurari. In questa situazione, oltre gli effetti degenerativi del fenomeno sulla società civile, è necessario considerare come il suddetto settore finisca con il costituire per la criminalità organizzata un’appetibile fonte di guadagno. Il canale che si attiva produce una frattura tra gli interessi del mercato e quelli dell’intero sistema economico, danneggiando gli operatori autorizzati che rispettano le regole, generando così forme di mercato di monopolio. Le condotte criminali sono per lo più finalizzate all’alterazione del sistema gestito e garantito dallo Stato, ponendo in essere azioni che possono arrivare all’alterazione delle macchinette clonando il sistema di elaborazione del concessionario, falsificandone, in tal modo, i flussi di comunicazione inerenti ai dati di gioco. Grazie a tale meccanismi la criminalità organizzata non solo riesce ad appropriarsi degli importi maturati e spettanti ai Monopoli a titolo d’imposta ma, corrompendo anche il concessionario, realizza la piena infiltrazione nell’intero sistema.
Su tale premessa, i dati sul giro d’affari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (2013) confermano che nel periodo tra gennaio – ottobre 2012 il gioco d’azzardo ha subito un incremento del 12,7% circa, passando da 62,3 a 70 miliardi, mentre secondo le stime dell’Eurispes (2012), il gioco d’azzardo rappresenta per le organizzazioni criminali circa il 13% del loro fatturato, ossia circa 23 miliardi di euro. Analizzando il nesso causale che lega la crisi economica, la crescita dell’offerta ludica e la varietà dei giochi d’azzardo, dai dati dell’ADM emerge che, nonostante la crisi, il gioco d’azzardo, ha conosciuto una crescita esponenziale: il comparto rappresenta il 4% del PIL e il valore delle giocate è aumentato, dal 2008 al 2012, da 47,5 a 88,6 miliardi di euro, determinando un incremento, nell’ultimo quinquennio, di oltre l’86%. Paradossalmente, però, la crescita esponenziale del settore dell’offerta ludica, non è coincisa con un analogo incremento delle entrate erariali che hanno, invece, registrato una sensibile contrazione”.
Il gruppo di ricerca che lei preside dal 2014 è nato dopo la proposta del Parlamento regionale di costruire due nuovi casinò in Sicilia. Come hanno lavorato i sedici saggi e a quali conclusioni siete giunti?
“I sedici saggi offrono un’istantanea attuale di un fenomeno in inarrestabile mutamento sotto una pluralità di chiavi di lettura: economica, aziendale, sociologica, psicologica e giuridica. L’obiettivo primario è stato quello di pervenire a un’analisi interdisciplinare che fosse di supporto per tutti i soggetti interessati dalla filiera del gioco d’azzardo, nel tentativo di migliorarne i risultati e le performance in ognuno dei profili indagati, nel pieno rispetto delle “regole del gioco” concorrenziale, delle esigenze erariali dello Stato e del giocatore, in quanto individuo. In ciò favorendo una comprensione del fenomeno che fosse altresì il più possibile scevra dalle influenze e dagli interessi che i soggetti istituzionali del comparto mirano costantemente ad esercitare. Non è un caso che i suddetti profili d’indagine talvolta risultino in contrasto tra loro. In questo senso il volume si presta a una lettura critica nel tentativo di comporre interessi opposti. Del resto, in contrasto appaiono talvolta anche le fonti e i dati prodotti dai diversi soggetti istituzionali coinvolti dal fenomeno, da quelli che incentivano a quelli che contrastano il gioco d’azzardo. La risposta a tali contraddizioni dovrebbe essere cercata nella complessità del fenomeno, ma anche nelle sue molteplici sfaccettature e declinazioni che rendono ogni analisi inevitabilmente parziale e spesso monodimensionale in termini di prospettiva. Ne consegue che delineare un quadro conclusivo del fenomeno è pressoché impossibile. Il gioco d’azzardo è del resto un settore dell’economia pervaso da contraddizioni: temi quali il gioco “legale” (in contrapposizione a quello illegale perché non amministrato dallo Stato) e, nell’ambito di questo, il gioco “responsabile” (in contrasto evidente con un fenomeno che poco sembra avere di razionale), arricchiscono i palesi paradossi e conflitti interni del fenomeno. Si pensi al ruolo dello Stato che promuove insistentemente il gioco, fonte di elevati introiti, ma cerca di contrastarne al contempo la diffusione, o al settore non profit, finanziato spesso dai grandi concessionari del gioco. Se di conclusioni vogliamo parlare, ciò che emerge sinteticamente è un quadro di disuguaglianze socio-economiche, accentuate dalla recessione economica. Anche nel nostro Paese, al crescere del reddito, aumenta la spesa assoluta in giochi e, in linea con alcune ricerche di altri Paesi, le famiglie con redditi più bassi tendono a spendere più che proporzionalmente rispetto alle loro disponibilità economiche. Parimenti, le aziende italiane del gioco d’azzardo registrano una riduzione della performance economica durante gli anni di crisi, sebbene le aziende del segmento slotmachines e videolottery presentino risultati superiori alle aziende degli altri segmenti.
Uno degli aspetti più delicati del gioco d’azzardo è il rischio ludopatia. È stimabile il fenomeno dei giocatori compulsivi, in aumento perfino tra i minorenni?
Le ludopatie rappresentano oggi un disturbo psicopatologico riconosciuto (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-V-2013 inquadra il gioco d’azzardo nell’ambito delle cosiddette “dipendenze comportamentali”). Questo cambiamento riflette la crescente e consistente evidenza che alcuni comportamenti, come il gambling, attivano il sistema di ricompensa del cervello, con effetti simili a quelli delle droghe. Le ludopatie si caratterizzano come una costrizione inconscia a ripetere, dominata dalla necessità di giocare, che si trasforma in una sofferenza nel momento in cui il giocatore si trova obbligato ad astenersi dalla pratica del gioco. Caratteristica di tale dipendenza non è soltanto la voglia della vittoria, ma soprattutto quell’insieme di emozioni forti e nuove che portano ad un’alterazione del sistema bio-comportamentale, e spingono alla ricerca della ricompensa, con conseguente perdita della percezione del tempo, del controllo sul gioco e della valutazione della quantità economica del danno. Come si legge nella “Relazione annuale al Parlamento su droga e dipendenze 2015”, “la dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile e non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno”. Secondo i dati del Rapporto Eurispes 2009, in Italia il gioco d’azzardo coinvolge fino al 70-80% della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). La stima però dei giocatori d’azzardo “problematici” (a rischio) varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale (da 767.000 a 2.296.000 italiani adulti), mentre la stima dei giocatori d’azzardo “patologici” (dipendenza) varia dallo 0,5% al 2,2% (da 302.000 a 1.329.00 italiani adulti). Secondo i dati di ricerca forniti dal Dipartimento per le politiche antidroga (2012-13) la pratica del gioco d’azzardo riguarda il 49,4% degli studenti intervistati. Il problema è andato crescendo, in questi ultimi anni, anche a causa della sempre maggiore diffusione delle opportunità di gioco, le nuove applicazioni degli smartphone e della pubblicità dell’azzardo. Infine è opportuno riflettere sul contenuto della legge di stabilità 2015, che ha destinato, “a partire dal 2015, una quota annua di 50 milioni di euro per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo”.