Il compagno in lacrime «Ora lasciatemi in pace»
(Articolo di Francesco Turchi tratto dal sito http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2016/01/13/news/il-compagno-in-lacrime-ora-lasciatemi-in-pace-1.12771398 del 13 gennaio 2016)
Giuseppe Nocerino si chiude nel silenzio: «Non ho voglia di parlare con nessuno» L’associazione alcolisti: «Lei voleva uscirne e lui era al suo fianco agli incontri».
EMPOLI. «Non voglio parlare con nessuno, lasciatemi in pace». La voce rotta dal pianto di un uomo disperato. Giuseppe Nocerino, 38 anni, compagno di Beata Balon, non ha più voglia di parlare. Di raccontare cos’è successo nella casa al civico 28 di via Pasteur a Ponzano, dove ieri qualcuno ha portato una rosa, accompagnata da un biglietto: «Ciao, ti avevo appena conosciuto».
Quei momenti così drammatici Giuseppe l’ha già raccontati decine di volte agli inquirenti. Pronuncia poche parole, vuole restare da solo con il suo dolore, mettere un muro tra sé e il mondo esterno.
A confortarlo c’è un amico che ha conosciuto al club Acat (Associazione club alcologici territoriali) di Empoli, dove accompagnava Beata, alle prese da tempo con problemi di alcolismo: «Non sta bene – spiega Luca – quello che doveva dire l’ha detto agli inquirenti. È un momento delicato, è giusto lasciarlo tranquillo».
Giuseppe, stando a quanto raccontano i responsabili di Acat, aveva deciso di sostenere la battaglia contro l’alcol intrapresa da Beata. L’accompagnava puntualmente agli incontri dell’associazione, dove è prevista la presenza di un familiare o di un amico che condivide il dramma della persone alle prese con la dipendenza. Beata era seguita anche dal Centro alcologico regionale a Careggi. Ed era lì – sempre secondo alcuni conoscenti – che aveva conosciuto Giuseppe, che all’epoca lavorava come agente in un istituto privato che si occupava della vigilanza all’ospedale.
Poi Nocerino aveva perso il lavoro e, dopo un periodo di disoccupazione, per sei mesi aveva lavorato alla Revet di Empoli, prima di tornare nel settore della vigilanza come addetto all’antitaccheggio in un centro commerciale fiorentino.
«La loro relazione – racconta il presidente di Acat Empoli, Andrea Nocentini – andava avanti tra alti e bassi. D’altra parte posso assicurare che non è semplice stare accanto a una persona che ha questo tipo di problema. Che viene superato soltanto da una bassissima percentuale di alcolisti, siamo intorno al 5%. Giuseppe accompagnava Beata agli incontri dove viene spiegato a familiari o amici il comportamento da tenere per aiutare l’alcolista a superare la dipendenza».
A fine 2014 la 46enne Balon, nata a Varsavia ma residente in Italia fin dai primi anni Novanta, aveva deciso di lasciare il club Acat di Empoli, per iniziare a frequentare quello di Sovigliana, sempre insieme a Giuseppe: «In lei c’era la volontà di uscirne – spiega Iva Borgioli, punto di riferimento dell’associazione a Empoli -. Per un periodo l’avevo vista molto positiva, Giuseppe aveva anche frequentato un corso per diventare servitore-insegnante: si tratta di persone che hanno vissuto il dramma dell’alcolismo in prima persona, oppure accanto a un familiare. E si mettono a disposizione per aiutare gli altri, sulla base della propria esperienza: purtroppo nessuno ha la bacchetta magica. Per quello che ho avuto modo di vedere, il suo compagno voleva aiutarla, hanno fatto il cammino insieme. Poi però nell’ultimo anno li ho persi di vista». La notizia della morte di Beata in circostanze tutte da chiarire ha colpito al cuore Iva e tutti coloro che avevano frequentato la coppia: «Siamo sconvolti».