Gli adolescenti consumano meno alcol, ritardata età del primo assaggio
(Articolo di Raffaele Riccio tratto dal sito http://www.contattolab.it/gli-adolescenti-consumano-meno-alcol-ritardata-eta-del-primo-assaggio/ del 18 novembre 2015)
Secondo uno studio riportato dalla OPGA (Osservatorio Permanente Giovani e Alcool) gli adolescenti italiani da qualche anno bevono di meno e soprattutto a differenza degli anni 90 iniziano a bere più tardi, ma esattamente come 20 anni fa, ancora oggi il punto dolente rimane la cattiva e spesso mancata informazione delle loro famiglie sui rischi che comporta il bere alcolici.
Circa Il 16% degli adolescenti nostrani (fascia di età 12-14 anni) afferma di aver mai bevuto alcolici con un calo rispetto al 2011-2012 del 7%, il 24%, di intervistati afferma di aver bevuto raramente ma di non averlo ripetuto.
Il primo sorso di alcol avviene superati i 10 anni di età per il 38% dei ragazzi (- 3,8% rispetto al 2012), anche se in maniera estremamente indicativa anche un 8% ha assaggiato alcolici attorno ai 6 anni, ma in questo caso si tratta in linea di massima dellaclassica goccia versata in un bicchiere magari dal nonno al nipotino durante una festa.
Il contesto relazionale del primo assaggio permane conviviale e guidato da figure familiari nel 76% dei casi (soprattutto genitoriali). Solo l’11% fa la prima esperienza in sola presenza dei coetanei. I primi consumi avvengono in prevalenza ai pasti (39,8%) ed in concomitanza con circostanze speciali, feste (11,6%) o celebrazioni (28,7%). Le sensazioni del primo assaggio rinviano a niente di particolare per il 47,3% dei rispondenti, mentre la sensazione di un evento gradevole e’ alla pari con la sensazione sgradevole (26,5% e 24,6% rispettivamente). Scende il numero dei giovanissimi che si ubriacano: dal 6,8% del 2012 al 4,8%. Tuttavia, afferma la ricerca “l’argomento del consumo/abuso di alcol non sembra particolarmente presente nelle discussioni familiari”: solo il 16,6% delle famiglie (una su sei) parla frequentemente con i figli dei problemi legati all’eccessivo consumo di alcol. La grande maggioranza dei genitori lo fa raramente e in modo occasionale (52,9%) e vi e’ anche una quota cospicua di genitori (28,9%) che non ha mai affrontato la questione.
I motivi per cui si beve
Ma perché i giovani bevono? Qui le risposte cambiano a secondo del tipo di rapporto che si ha con l’alcol: i non bevitori individuano la causa principale nel desiderio/obbligo di adeguarsi al gruppo (56,6%), mentre i bevitori abituali rifiutano in gran parte di riconoscere l’induzione da parte del gruppo, ma rispondono in maggioranza “per divertirsi” (46,6%) o “sballare” (42,6%). Emerge comunque – e questa volta con indicazioni bipartisan – anche una dimensione esistenziale con il 38% che sostiene che il consumo si giustifica per “dimenticare i problemi”.
L’alcolismo è una sindrome patologica determinata dall’assunzione acuta o cronica di grandi quantità di alcol.
A partire dalla fine del Ventesimo secolo, l’alcolismo è stato considerato un disturbo correlato alla dipendenza. È caratterizzato da un consumo compulsivo e incontrollato di alcol, solitamente a scapito della salute del bevitore, delle sue relazioni e della sua posizione sociale. Come per altre dipendenze da droghe, l’alcolismo è considerato una malattia curabile.Il termine alcolismo è ampiamente usato ed è stato coniato nel 1849 da MagnusHuss, ma in medicina il termine è stato sostituito dal concetto di “abuso di alcol” e “dipendenza da alcol” come specificato nel DSM III del 1980.Allo stesso modo, nel 1979, un comitato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha consigliato l’abbandono dell’uso del termine “alcolismo” come entità diagnostica, preferendo la categoria di “sindrome da dipendenza da alcool”.
Tali cambiamenti, relativi alla chimica del cervello, portano l’alcolista all’incapacità compulsiva di smettere di bere. I danni dall’abuso di alcol colpiscono quasi ogni organo del corpo, compreso il cervello, causando una serie di disturbi fisici e psichici.
L’alcolismo è la presenza costante della tolleranza, dell’astinenza e dell’uso eccessivo di alcol. L’incapacità del bevitore di controllarne l’assunzione, nonostante la consapevolezza del proprio danno alla sua salute, indica che la persona potrebbe essere un alcolizzato. La diagnosi è realizzabile grazie a dei questionari e la disintossicazione avviene per mezzo di terapie di gruppo e con l’utilizzo di farmaci come le benzodiazepine, utilizzate per la cura dei sintomi dell’astinenza.
I meccanismi biologici alla base dell’alcolismo sono incerti, tuttavia, fattori di rischio includono l’ambiente sociale, lo stress, la salute mentale, la predisposizione genetica, l’età, l’etnia e il sesso. L’abuso a lungo termine di alcool produce cambiamenti fisiologici nel cervello, come la tolleranza e la dipendenza fisica.
Spesso gli alcolisti risultano dipendenti anche da altre sostanze, per la maggior parte da benzodiazepine; ciò può richiedere ulteriori cure mediche.Rispetto agli uomini, le donne sono più sensibili all’alcol e più inclini a subire i deleteri effetti fisici, cerebrali e mentali.Le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità parlano di 140 milioni alcolisti in tutto il mondo.
In clinica ci si riferisce all’alcolismo anche mediante l’utilizzo del termine latino potus (potare, bere) per indicare la compulsione a bere alcolici.