No, in gravidanza niente alcol. Neanche un po’
(Articolo di Cristina Gaviraghi tratto dal sito http://www.healthdesk.it/prevenzione/no-gravidanza-niente-alcol-neanche-po-1445504987 del 22 ottobre 2015)
Alcuni studi recenti avevano lasciato intendere che un esiguo consumo di alcol durante i nove mesi sarebbe tollerabile. Ma i pediatri americani ribadiscono: in gravidanza la quantità tollerabile è zero.
Non un dito di whiskey sorseggiato la sera in poltrona, non un bicchiere di vino rosso che accompagna un pranzo importante e nemmeno una birra in pizzeria con gli amici. Dell’alcol in gravidanza è davvero meglio fare a meno.
Lo ribadisce l’American Academy of Pediatrics in una sua recente relazione pubblicata sulla rivista Pediatrics.
Questa raccomandazione era già nelle linee guida dell’accademia statunitense per una corretta gestione della gravidanza, ma i suoi membri hanno sentito il bisogno di ribadirla con più forza. E questo per almeno un paio di ragioni: alcuni studi recenti hanno lasciato intendere che un esiguo consumo di alcol durante i nove mesi sarebbe tollerabile perché non causerebbe danni rilevanti e sono ancora molte le future madri (negli USA circa l’8-10 per cento), che non depongono il bicchiere con un bimbo in grembo.
Eppure, i pericoli per il nascituro legati al consumo di alcol da parte della gestante non sono affatto trascurabili e sono noti alla comunità scientifica da tempo. Il più grave è la sindrome alcolico fetale (FAS) che porta il neonato a subire malformazioni facciali come fessure oculari strette, labbro superiore sottile, solco naso-labiale allungato e piatto, fronte lunga e stretta e ridotto sviluppo di mandibola e mascella. Difetti fisici a cui si aggiungono disturbi visivi, comportamentali e dell’apprendimento.
I pediatri statunitensi sottolineano, però, che oltre a questa più eclatante patologia, bere alcol in gravidanza porta anche a una serie di effetti sulla salute del feto meno evidenti che vengono raggruppati con il nome di spettro dei disordini feto-alcolici (FASD). Si tratta di ripercussioni che possono interessare ossa, reni, cuore, l’apparato uditivo e anche abilità cognitive come la memoria e la capacità di concentrazione e di elaborare un pensiero astratto. Disturbi per cui non esistono criteri diagnostici omogenei e che vengono difficilmente individuati, anche perché a volte compaiono a distanza di anni, nell’adolescenza.
L’alcol è una sostanza neurotossica e una volta ingerita dalla mamma passa, attraverso la placenta, anche al feto che non è in grado di metabolizzarla in modo adeguato. Alcuni studi hanno stimato che consumarlo nel primo trimestre di gravidanza aumenta di 12 volte il rischio di FASD, rischio che incrementa di 65 volte se si continua a bere per tutti e nove i mesi.
«In gravidanza nessuna quantità di alcol può essere considerata sicura, in nessun trimestre; il feto che si sta sviluppando è estremamente vulnerabile e anche una piccola quantità di alcol può essere nociva», ha affermato Janet Williams, pediatra dell’Università del Texas e coordinatrice dell’indagine.
Secondo l’American Academy of Pediatrics, anche se certi studi hanno cercato di farlo, non ci sono strumenti e informazioni sufficienti per stabilire un quantitativo minimo di alcol considerato tollerabile durante la gravidanza. Troppe le variabili e le incertezze, come ad esempio la diversa capacità di ogni donna di metabolizzare questa sostanza e la difficoltà di individuare e valutare statisticamente la presenza di un disturbo collegato al suo consumo nel corso della gestazione.
«L’unica certezza», sostiene Willimas, «è che non bere alcol nei nove mesi di gestazione azzera il rischio di FASD».