In nome dei suoi uomini (lettera disperata sul gioco d’azzardo)
(Articolo di Simone Feder tratto dal sito http://www.articolo21.org/2015/10/in-nome-dei-suoi-uomini-lettera-disperata-sul-gioco-dazzardo/ del 04 ottobre 2015)
Oggi diamo voce ad una mamma, ad una moglie, ad una donna che si vede costretta a combattere su un campo di battaglia che lei non ha scelto, per salvare i suoi uomini dalla disperazione.
Fino al 7 gennaio dell’anno scorso mio figlio ha sempre pensato di vivere in una famiglia bella e serena, era all’oscuro di tutta la situazione, non sapeva neppure cos’erano le slot e l’azzardo e, anche se l’avesse saputo, penso che sarebbe stato disposto a mettere una mano sul fuoco riguardo al proprio padre, il suo idolo, il papà che tutti vorrebbero, quello che ti sfida ai videogiochi, che gioca con te a tennis, che ti porta al corso e a vedere i tornei, che ti aiuta nei compiti e ti consola quando sei triste… insomma, ai suoi occhi (a dire il vero anche ai miei), il padre perfetto.
Purtroppo, però, a gennaio è successa la tragedia! Come in un film, in una sola sera ha capito cosa sono le slot, che cos’è l’azzardo, ha sentito che suo padre ha tentato il suicidio, ha visto che l’ho sbattuto fuori casa, ha visto suo papà piangere come un bambino e supplicarmi di non cacciarlo.
Sapete quanto è difficile spiegare a un bambino di 10 anni che suo ci ha raccontato un sacco di bugie, che ci ha sottratto tempo e attenzioni e che ci ha lasciato con 700 euro sul conto? Che, se non fosse stato per l’aiuto affettivo ed economico dei nonni, la mamma avrebbe dovuto fare scelte estreme, del tipo: ti do’ da mangiare o pago il riscaldamento? Pago la mensa scolastica o tutti i giorni vai a scuola con un panino? Non puoi neppure praticar il tuo sport preferito perché quei soldi servono per altro. E non è finita qui, figlio mio, perché da oggi siamo l’argomento preferito di tutto il paese. Qualcuno capirà, ma altri no. E dovremo comunque difenderci e andare avanti!
Nei giorni successivi ha sofferto per la mancanza del papà, in tutta la situazione vedeva me come la “cattiva” perché non volevo più che papà tornasse a casa con noi. E su questo erano d’accordo anche i nonni, quelli che vogliono sempre il massimo per lui. Quasi giustificavano lui e non me!
Poi ha capito che, nonostante tutto, poteva vederlo tutti i giorni. Dopo il lavoro Pietro veniva un paio d’ore a casa per stare con lui e il sabato e la domenica andava con papà. Ma in proposito è subentrato un altro tipo di sofferenza, quella del distacco. Nei momenti in cui era con il papà continuava a guardare l’orologio facendo il conto alla rovescia!
Inoltre, il sabato e la domenica era felice di stare tutto il giorno con lui, ma stava male al pensiero di sapermi a casa da sola, per cui ogni ora di telefonava con qualche scusa! Poi, quasi tutte le sere mi vedeva piangere disperata, lui cercava di fare l’uomo di casa, di trattenersi e non crollare anche lui. Anzi, mi consolava dicendomi: su dai, coraggio, adesso papà va da Simone, così poi se guarisce torna a casa. Vero che se guarisce tu lo vuoi ancora, così stiamo tutti insieme?
A scuola si è chiuso in sé stesso, era pensieroso, sempre con la testa fra le nuvole, cercava di evitare l’argomento con chiunque e teneva tutto dentro, non si sfogava nemmeno con i suoi nonni per paura di farli star male. Anzi, in ultimo fingeva anche con le insegnanti e i compagni, dicendo che suo papà era ritornato a casa, anche se non era vero. Una volta ho trovato la brutta copia di un tema in cui scriveva che era triste, che aveva in testa brutti pensieri, che stava molto male. Poi, come per magia, nella bella copia ho trovato scritto il contrario. Era il suo modo per non darmi ulteriori pensieri, sapeva benissimo che avrei controllato i suoi quaderni.
Poi non vi dico la gioia che ha provato quando ha saputo, dopo 3 mesi circa, che papà poteva tornare a casa, naturalmente rispettando determinate regole, come quella di non giocare con lui alla wii. Ho visto mio figlio diventare un ometto in un attimo, da allora ci ha aiutato tantissimo, anche se ha tanta voglia non ha mai chiesto al papà di fare una gara ai videogiochi né di giocare a carte. Mi aiuta a controllare gli scontrini, va insieme al papà a fare benzina e a comprare le sigarette, senza mai perderlo di vista. È buffo da dire, ma si sono invertiti i ruoli, è il figlio a curare il padre.
È interessato all’argomento azzardo, ascolta le trasmissioni che parlano di questo, legge articoli e vuole fare qualcosa per gli altri bambini che come lui hanno sofferto! […] Tra tutte le pagine che ho scritto questa è stata la più sofferta e difficile da affrontare, perché non auguro neanche al peggior nemico di vedere mai nel volto e negli occhi del proprio figlio tanto dolore.
La sofferenza non può lasciarci impassibili e farci restare ciò che siamo. Siamo anche noi responsabili di tutto questo. Dobbiamo insieme dire basta, per questa madre, per questo figlio, e per tutte le famiglie che come loro stanno combattendo questa logorante e assurda battaglia!