In Italia 1.300.000 malati di gioco ma solo 12mila in cura
Li chiamano “giocatori problematici”, sono attorno al milione e trecentomila anche se nella relazione presentata al Parlamento ne hanno dati per certi 850 mila. Hanno tra i 15 ed i 64 anni. Si svegliano la mattina e vanno a dormire la sera con un pensiero fisso: trovare una slot machine, entrare in una sala bingo, puntare su qualcosa, dalle corse dei cavalli a chi vincerà il campionato di cricket nell’Uttar Pradesh. Ogni soldo, anche non proprio, viene sacrificato a questa ossessione, alle scommesse compulsive. Una vera e propria dipendenza, come la droga. Poi ci sono tutti gli altri, e sono 24 milioni quelli che giocano in modo saltuario: un gratta e vince, una schedina enalotto, un biglietto della lotteria. Ci si prova, ma è saltuario e se come è altissimamente probabile non si vince nulla, pace. Per gli altri il gioco, soprattutto da quando è diventato a portata di mouse, sempre disponibile sul proprio cellulare o al computer, è una mania a cui non ci si può sottrarre: in cura presso i centri specializzati in ludopatia ci sono 12.376 persone ma, dice il servizio di prevenzione del ministero della salute, dovrebbero essere tra il mezzo milione ed i 600 quelli che ne avrebbero bisogno urgente, eppure non ci vanno. Proprio come i tossicodipendenti, sono certi di avere in mano la propria vita, di poter smettere quando vogliono, ed invece si ritrovano a bruciare soldi, vita e rapporti in qualche scommessa. Il Ministero sta mettendo a punto nuove linee guida per il trattamento della ludopatia, che adesso prevede una psicoterapia ma anche psicofarmaci, per spezzare il “craving”, la necessità di sentire la scossa adrenalinica, la sensazione di euforia quando si punta. A disposizione ci sono 50 milioni di euro, che appena bastano per i pochi che per adesso sono in trattamento.