Violenza sulle donne: leggi regionali non bastano, serve impegno nazionale
(Articolo di Elena Leoparco tratto dal sito http://www.helpconsumatori.it/diritti/violenza-sulle-donne-le-leggi-regionali-non-bastano-piu-serve-impegno-nazionale/92172 del 04 marzo 2015)
Sono 14 milioni gli atti di violenza (dallo schiaffo allo stupro) che si consumano contro le donne in un anno; quasi 1 milione le vittime. In media ogni 3 giorni una donna viene uccisa dal partner, dall’ex o da un familiare. Di tutte queste vittime, solo il 7,2% denuncia l’accaduto. Il resto rimane nell’ombra, in silenzio. Un silenzio che costa 17 miliardi di euro, l’equivalente di una strage in cui perdono la vita 11.000 persone: una parte di questo importo serve a coprire le spese di mantenimento e gestione dei servizi correlati al fenomeno (2,3miliardi) e la restante parte (14 miliardi) copre i costi della sofferenza umana.
Le cifre citate fanno parte di alcuni lavori di ricerca realizzati pochi anni fa da We World, Ong impegnata da anni nell’ambito della difesa dei diritti dei minori e delle donne. Oggi,nel corso di una conferenza aperta a istituzioni e rappresentanti della società civile, l’Organizzazione ha cercato di fare il punto sull’aspetto normativo che disciplina la violenza sulle donne, presentando i risultati di un’indagine comparativa sulle leggi regionali emanate nel corso degli anni dalle Amministrazioni locali.
Nonostante infatti nel nostro Paese non ci sia ancora una legge nazionale che affronti i vari aspetti del problema, dalla fine degli anni ’80 ad oggi, le regioni hanno svolto un efficace ruolo suppletivo cercando di garantire, nei limiti delle loro possibilità (anche economiche), prevenzione e assistenza sul tema. La ricerca evidenzia 3 fasi in cui possono essere classificati gli interventi legislativi (la prima dal 1989 al 1999, la seconda dal 2000 al 2013 e la terza dal 2014 ad oggi) e mette in risalto la naturale evoluzione che questi hanno subito anche a seguito dei dettami di livello internazionale sull’argomento (piattaforma di Pechino e Convenzione di Istanbul, ad esempio).
Si riscontrano analogie anche nell’impianto delle leggi stesse: la maggior parte ha una prima parte dedicata a principi e definizioni, poi si passa agli ambiti di intervento e infine agli strumenti di policy. Molte le best practice realizzate nel corso del tempo con rilevanti risultati.
“L’esistenza di questo articolato intervento legislativo, con il suo complesso di servizi regionali, comunali e del terzo settore, testimonia il bisogno quanto mai urgente di provvedere a mettere in atto una strategia nazionale d’intervento per contrastare la violenza sulle donne” dichiara il Presidente di We World, Marco Chiesara.”Non é ammisibile che in Italia ci sia ancora 1 persona su 5 che considera ammissibile l’insulto a sfondo sessuale rivolto ad una donna, né si può tollerare che 1 persona su 3 ritenga che non si debba parlare pubblicamente della violenza”, continua Chiesara e aggiunge “bisogna prendere atto che si tratta di un fenomeno trasversale che non riguarda solo le fasce piú povere dellas ocietà”. Attualmente, il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri sta per concludere il Piano nazionale Antiviolenza che, stando alla descrizione dell’Onorevole Giovanna Martelli, “agirà sulle questioni piú urgenti nell’ambito della prevenzione, della protezione e programmazione. E’ prevista la creazione di una banca dati nazionale sul fenomeno e conseguentemente la realizzazione di un osservatorio per monitorare le azioni svolte a livello locale”. “Ciò che é importante fare”, aggiunge Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato, “é riuscire a superare l’attuale frammentazione degli interventi e portare tutto nell’ambito di una strategia nazionale il piú possibile omogenea”.