I vip si schierano contro la pubblicità all’azzardo legale
(Articolo di Lorenzo Maria Alvaro tratto dal sito http://www.vita.it/it/article/2015/02/11/i-vip-si-schierano-contro-la-pubblicita-alle-slot/129419/ del 11 febbraio 2015)
L’art.14 della Legge Delega in materia fiscale che avrebbe dovuto mettere il vero primo freno agli spot in tv pro azzardo è un bluff. Ma chi in televisione ci lavora non è d’accordo. Da Pippo Baudo a Renzo Arbore, passando per Max Giusti, Muccino, Pupi Avati, Fabrizio Frizzi e tanti altri. Tutte le voci televisive che chiedono al Governo di intervenire
Doveva essere il primo tassello per contrastare l’azzardo legale a livello nazionale. Doveva anche essere la norma che avrebbe fermato finalmente la proliferazione selvaggia di pubblicità a favore dell’azzardo (da quello online alle sale Bingo, passando da gratta e vinci e slot machine) cui abbiamo assistito in questi anni. E invece il decreto attuativo dell’articolo 14 della legge Delega in materia fiscale, stando al testo attuale, imporrà un divieto pubblicitario, limitato ad alcune minime fasce orarie, solo per le aziende che operano illegalmente. A sorpresa però mentre Roma non riesce ad avere una posizione ferma sulla faccenda, ad avere le idee molto chiare sono quelli che in tv e al cinema ci lavorano. Conduttori, registi e attori che trovano l’idea di pubblicizzare l’azzardo in televisione una cosa sbagliata, da condannare e cambiare.
Eccoli, uno per uno:
Edoardo Vianello (autore della storica canzone “i Watussi”) – «Non credo che sia la pubblicità a portare a giocare di più. Sebbene non creda che sia la causa scatenante rimango però dell’idea che è meglio non farla. Far vedere che è facile vincere cifre enormi, è una cosa molto negativa. Fa parte del buon senso non parlare di tutto ciò che può essere recepito in maniera sbagliata da qualche soggetto debole»
Enrico Vanzina – «Io sono l’autore di “Febbre da cavallo” con il quale ho raccontato bene cosa significa cosa è la malattia del gioco. Da ragazzo giocavo molto ai cavalli ma per fortuna ho conosciuto una donna che mi ha detto: o me o il gioco. Nello stesso momento della mia vita ho avuto il talento e la forza di poterci ridere sopra e raccontarlo in maniera buffa. Ma se uno va a rivedere quel film è possibile scorgere tutta la follia e le bassezze anche grottesche alle quali il gioco può ridurre un uomo. Innanzitutto credo che la parola “gioco”, nell’azzardo, sia tutto fuorché un gioco. È invece una cosa molto seria e drammatica e pubblicizzarla vuol dire promuovere una cosa che non è come la si presenta. pubblicizzare il gioco equivale a fare una scorrettezza nei confronti di chi gioca».
Pippo Baudo – «La pubblicità al gioco d’azzardo è un’ipocrisia, una cosa tremenda. Occorre un’iniziativa drastica che vieti in modo assoluto la pubblicità quanto meno in televisione al fine di tutelare le fasce deboli, come i giovani e i pensionati. Si tratta di uno dei vizi peggiori che possa avere l’uomo».
Fabrizio Frizzi – «Non è giusto, perché comporta dei rischi. Così come non si può fare pubblicità alle sigarette in televisione perché nuocciono alla salute anche il gioco d’azzardo in quanto fonte di pericolo penso non debba essere propagandato in televisione».
Marco Giusti (autore televisivo di Blob) – «Detesto il gioco d’azzardo. Non ho mai giocato. Una volta vinsi un biliardino e sentii l’odio degli altri ragazzi, era il primo premio di un concorso. Da allora decisi che non volevo più vincere. Il gioco è un demonio. Fare pubblicità al gioco d’azzardo è molto peggio, anche se non ho mai fumato in vita mia, di quella sul fumo. Chi vuole giocare giochi, ma non si inducano i giovani a cadere nel gioco. C’è poi un altro aspetto. Mentre in Inghilterra con gli sponsor vengono finanziate mostre, film e quant’altro, in Italia non si sponsorizza nulla di culturale. Anzi, sono molti i cinema che sono stati chiusi a causa delle sale Bingo. È un’Italia basata sul Gratta e Vinci»
Max Giusti – «Quando ero piccolo chiesi a mio padre di portarmi a vedere le corse dei cavalli, e lui mi portò all’ippodromo. Poi chiesi di vedere le corse dei cani, e lui mi assecondò. Infine mi prese da parte e testualmente di disse: ora li hai visti, se io ti trovo qui ti spezzo le gambe’. Io ho seguito il suo consiglio. Le persone che si rovinano al gioco si distinguono in due tipologie: quelle che hanno il tarlo del gioco e quelle che sperano di svoltare in un momento di forte crisi economica per le famiglie. Come le vecchiette che giocano in tabaccheria. Per questo sono contrario anche che si faccia pubblicità al gioco d’azzardo. Si gioca con la vita di questi disgraziati».
Renzo Arbore – «Sono il nemico numero uno del gioco d’azzardo e non sono assolutamente d’accordo a pubblicizzarlo in televisione. Le istituzioni si prendono le loro percentuali e molte famiglie sono rovinate per essere cadute in questo vizio. Meglio allora sponsorizzare le case chiuse almeno quelle sono salutari per alcune persone».
Paolo Rossi – «Ai miei tempi c’era solo la schedina, ma l’1×2 è morta da tempo. Da allora è cambiato tutto. La pubblicità all’azzardo è sicuramente un’istigazione perché è chiaro che guardando la pubblicità aumentano le probabilità che qualcuno sia indotto a giocare. Certo, fino a che è lecito la si può fare. A prendere posizione devono essere lo Stato e il Parlamento».
Oliviero Toscani – «Del gioco d’azzardo mi piace solo barare, ma dato che non è possibile con i sistemi elettronici no lo trovo neppure divertente. Il gioco d’azzardo è un disastro come la droga. Piace ma fa male. Questa speculazione sul gioco d’azzardo è tremenda. Sebbene non sia d’accordo a vietare il gioco, dato che aumenterebbe quello illegale, non credo che serva la pubblicità per doverlo spingere. Chi vuole giocare gioca. Non bisogna far venire voglia e credo sia assurdo spingerla. Si tratta di una speculazione umana, e usare la pubblicità non è bene. Anche perché tanto si perde sempre».
Gabriele Muccino – «Il gioco d’azzardo lo vedo come un posto nero di infelicità che è lo specchio dell’assenza di sogni. Un secco “no” alla pubblicità con cento punti esclamativi».
Nino Frassica – «Il gioco? Deve essere allegria e gioia, non tristezza e grigiore. La pubblicità è un “consiglio”. Perché si dovrebbe consigliare a qualcuno di fare una cosa che si reputa sbagliata? Non la farei, significa indurre i giovani a vedere il gioco sotto un aspetto diverso da quello che secondo me dovrebbe avere, vale a dire il senso della gioia e del divertimento. E l’azzardo è tutto tranne questo»
Dario Fo – «Il mezzo pubblico dovrebbe essere usato per trasmettere cultura e per educare la gente a conoscere e sapere la verità. E soprattutto per evitare proprio di cadere nelle “trappole”. E invece lo Stato approfitta della gestione per portare la gente alla corruzione e al gioco e quindi ad ammalarsi nella speranza di fare il “colpo gobbo”».
Pupi Avati – «Bisogna avere paura di vincere. Il denaro vinto non ha valore, quello che porta a cose buone è quello che viene invece guadagnato con il lavoro e la fatica e la correttezza professionale. Sono nato lo stesso giorno in cui moriva di dolore mio nonno, mio omonimo, per aver perso tutto al gioco. Lui scommetteva sui cavalli ed era finito, senza dire nulla alla famiglia, nelle mani dei cravattari. Il gioco è come la droga e fare pubblicità al gioco d’azzardo è come fare promozione a una malattia che dà assuefazione».
Giovanni Veronesi – «La pubblicità dell’azzardo induce i ragazzi, quando hanno qualche cosa in tasca di cui disporre, a perdere tentando la fortuna. E lentamente si scivola in questa trappola. Mi raccontano alcuni amici che a Roma ci sono tantissime bische clandestine dove si giocano i soldi veri».