Il fragore del Vajont che scuote le coscienze
Teatro Camploy 20 settembre 2013
FESTIVAL DEL TEATRO VENETO. Il disastro di cinquant’anni fa in uno degli spettacoli di Sguardi. La compagnia Fatebenesorelle presenta un’anteprima di «Onorata società». Al Camploy anche «I Blues» della Trepunti.
Patricia Zanco in Onorata società. Il Vajont dopo il Vajont
Quando il rumore della frana che venne giù a Longarone e nella diga del Vajont e la fece tracimare è andato sempre più in crescendo, al teatro Camploy avvolto dal frastuono simile a un rullo di tamburi che non finiva più e poi di colpo ha fatto silenzio, assoluto, gli spettatori hanno tremato. È accaduto nell’incipit dello spettacolo-documento Onorata società. Il Vajont dopo il Vajont che la compagnia Fatebenesorelle di Vicenza ha portato in scena a Colpo d’occhio, il settore dedicato agli assaggi di pièce, non più lunghi di venti minuti, della rassegna Sguardi, il festival vetrina di teatro contemporaneo veneto che ha riscosso un ottima affluenza di pubblico con interessanti «pillole teatrali» e che si concluderà oggi. PATRICIA ZANCO è l’interprete della storia verità diretta da Daniela Mattiuzzi e da lei stessa, ancora in corso di allestimento, che debutterà ufficialmente a novembre. Imbastito per l’assaggio veronese, il lavoro si dimostra giù forte, pronto a sconvolgere con la ricostruzione dei fatti che portarono a ciò che avvenne il 9 ottobre 1963, alle 22,39: una tragedia, tutt’oggi rimasta pressoché impunita, e in cui morirono, travolte da acqua e fango, duemila persone. RASATA A ZERO e con la voce di chi ha tutta l’intenzione di scalfire l’omertà, la Zanco entra ed esce da vari personaggi che ruotano intorno alla sciagura tra cui la vecchia testimone del genocidio causato dallo sfruttamento di una terra che invece andava protetta, controllata. Pianto greco di una comunità estinta, l’opera sociale di Fatebenesorelle chiede giustizia. Sempre al Camploy ha fatto quindi seguito l’atto unico I Blues che la compagnia Trepunti di Mestre ha estrapolato dalla raccolta La lunga permanenza interrotta del commediografo statunitense Tennessee Williams, sul tema della povertà, materiale e morale di una famiglia, negli anni Trenta, sulle rive del Mississippi. Quel mondo americano è stato comunque messo in parallelo con la crisi del mondo d’oggi e non è mancata la provocazione: una bestemmia nel testo, dettata dalla rabbia del personaggio. Non è la prima volta che accade in teatro. Ma la scelta di non tagliarla o modificarla rimane sempre discutibile.
(Articolo di Michela Pezzani tratto dal sito www.larena.it )